Distanza testa ingranditore ed esposizione.
Moderatori: chromemax, Silverprint
Re: Distanza testa ingranditore ed esposizione.
Eventualmente con una guarnizione al perimetro ed una valvola al centro che oltre a fare da maniglia farebbe uscire L aria
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Re: Distanza testa ingranditore ed esposizione.
Scusami silverprint, per quanto questa cosa dei tempi/altezza ingranditore l'avrai spiegata almeno cento volte io ancora non riesco a capirla bene (). La matematica non sarà mai il mio mestiere... cantava qualcuno. Si può spiegare in un' altra maniera? grazie.Silverprint ha scritto:Il rivelatore si ossida e nel tempo perde efficacia. In 24h ne può perdere davvero molta. Senza contare che anche la temperatura può essere cambiata, variando di conseguenza il tempo di sviluppo. La variazione di densità che hai notato dipende da questi fattori.
Avresti dovuto compensare la perdita di efficacia, se ancora possibile, così come eventuali variazioni di temperatura, con lo sviluppo fattoriale.
Lo sviluppo fattoriale è l'unico modo di compensare queste inevitabili variazioni. Mantenere fisso il tempo di sviluppo sperando che rimanga invariato l'effettivo grado di sviluppo non funziona; non funziona proprio perché col passare del tempo il rivelatore si ossida, mano mano che si usa si consuma e perde efficacia e non è detto che la temperatura rimanga stabile.
La variazione di esposizione varia in proporzione all'area dell'immagine proiettata, ovvero in proporzione al quadrato della distanza di proiezione o della misura di uno dei lati. Normalmente si prende come riferimento l'altezza della colonna perché sui lati si possono effettuare tagli o nuove inquadrature.
La formula è la seguente T1:H1²=T2:H2², dove T1 è il tempo noto, H1 l'altezza della colonna originaria, H2 la nuova altezza e T2 il tempo da trovare.
Se per esempio avevi la colonna a 25 cm e un tempo di 20", passando ad un'altezza di 20 cm il tempo diventerebbe:
20:25²=T2:20² > T2=20x400:625 > T2=12,8"
Come vedi una variazione apparente piccola dell'altezza, porta una grande variazione del tempo di esposizione. Nel tuo caso la variazione avrebbe potuto aiutare a "compensare" (tra virgolette perché è molto parzialmente vero) la perdita di efficacia del rivelatore ed il fatto che non abbia neanche contribuito alla cosa ti da una misura di quanta (moltissimo) efficacia abbia perso il rivelatore.
Il rivelatore in vaschetta, offre, rispetto al volume della soluzione, una grande superficie esposta all'aria e l'ossidazione della soluzione è rilevante, se l'avessi rimesso in bottiglia (eliminando l'aria) il fenomeno sarebbe stato meno pronunciato.
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Re: Distanza testa ingranditore ed esposizione.
Per le sorgenti di luce di modesta intensità, a distanze brevi, la luce è soggetta ad un decadimento (calo di intensità) che segue la legge dell'inverso del quadrato.
Osserva la figura qui sopra, rappresenta un fascio di luce che intercettiamo a varie distanze con un piano (in realtà è una porzione di calotta sferica, ma semplifichiamo, cambia poco).
Se la immagini ribaltata in verticale abbiamo la lampada dell'ingranditore ed il piano di stampa a diverse altezze.
La distanza "r" immaginiamo per comodità che sia di un metro per facilitare i conti.
Quindi "2r" corrisponde a due metri e "3r" corrisponde a tre metri.
Poiché la propagazione della luce avviene in modo "sferico" (non è l'esatto termine, ma è per facilitare la comprensione), se noi intercettiamo una porzione di questa emissione sferica (con l'obiettivo), si avrà che il fascio di luce è un cono.
Ora sempre per comodità di calcolo, immaginiamo che alla distanza r, cioè un metro, la superficie illuminata sia di un metro quadro.
Se osservi la figura comprenderai che alla distanza di due metri la superificie illuminata è il quadruplo, mentre alla distanza di 3 metri è nove volte maggiore.
Questo si spiega matematicamente con la legge del quadrato, se r=1, avremo che 1^2=1, 2^2=4, 3^2=9.
Al raddoppio della distanza, la luce scende di intensità di un quarto del valore iniziale.
Da questo consegue la regola che ha enunciato Andrea che mette in relazione altezze e tempi di stampa: se raddoppi la distanza tra colonna e piano, la luce diventa un quarto e di conseguenza occorre aprire il diaframma per dare più luce in modo che l'esposizione resti la stessa.
Osserva la figura qui sopra, rappresenta un fascio di luce che intercettiamo a varie distanze con un piano (in realtà è una porzione di calotta sferica, ma semplifichiamo, cambia poco).
Se la immagini ribaltata in verticale abbiamo la lampada dell'ingranditore ed il piano di stampa a diverse altezze.
La distanza "r" immaginiamo per comodità che sia di un metro per facilitare i conti.
Quindi "2r" corrisponde a due metri e "3r" corrisponde a tre metri.
Poiché la propagazione della luce avviene in modo "sferico" (non è l'esatto termine, ma è per facilitare la comprensione), se noi intercettiamo una porzione di questa emissione sferica (con l'obiettivo), si avrà che il fascio di luce è un cono.
Ora sempre per comodità di calcolo, immaginiamo che alla distanza r, cioè un metro, la superficie illuminata sia di un metro quadro.
Se osservi la figura comprenderai che alla distanza di due metri la superificie illuminata è il quadruplo, mentre alla distanza di 3 metri è nove volte maggiore.
Questo si spiega matematicamente con la legge del quadrato, se r=1, avremo che 1^2=1, 2^2=4, 3^2=9.
Al raddoppio della distanza, la luce scende di intensità di un quarto del valore iniziale.
Da questo consegue la regola che ha enunciato Andrea che mette in relazione altezze e tempi di stampa: se raddoppi la distanza tra colonna e piano, la luce diventa un quarto e di conseguenza occorre aprire il diaframma per dare più luce in modo che l'esposizione resti la stessa.
Re: Distanza testa ingranditore ed esposizione.
Grazie mille!-Sandro- ha scritto:Per le sorgenti di luce di modesta intensità, a distanze brevi, la luce è soggetta ad un decadimento (calo di intensità) che segue la legge dell'inverso del quadrato.
Osserva la figura qui sopra, rappresenta un fascio di luce che intercettiamo a varie distanze con un piano (in realtà è una porzione di calotta sferica, ma semplifichiamo, cambia poco).
Se la immagini ribaltata in verticale abbiamo la lampada dell'ingranditore ed il piano di stampa a diverse altezze.
La distanza "r" immaginiamo per comodità che sia di un metro per facilitare i conti.
Quindi "2r" corrisponde a due metri e "3r" corrisponde a tre metri.
Poiché la propagazione della luce avviene in modo "sferico" (non è l'esatto termine, ma è per facilitare la comprensione), se noi intercettiamo una porzione di questa emissione sferica (con l'obiettivo), si avrà che il fascio di luce è un cono.
Ora sempre per comodità di calcolo, immaginiamo che alla distanza r, cioè un metro, la superficie illuminata sia di un metro quadro.
Se osservi la figura comprenderai che alla distanza di due metri la superificie illuminata è il quadruplo, mentre alla distanza di 3 metri è nove volte maggiore.
Questo si spiega matematicamente con la legge del quadrato, se r=1, avremo che 1^2=1, 2^2=4, 3^2=9.
Al raddoppio della distanza, la luce scende di intensità di un quarto del valore iniziale.
Da questo consegue la regola che ha enunciato Andrea che mette in relazione altezze e tempi di stampa: se raddoppi la distanza tra colonna e piano, la luce diventa un quarto e di conseguenza occorre aprire il diaframma per dare più luce in modo che l'esposizione resti la stessa.
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Re: Distanza testa ingranditore ed esposizione.
Sandro, hai una spiccata vocazione didattica!!! Saresti un ottimo insegnante a scuola!
Comunque, rispondendo a chi temeva la "matematica", direi che siamo a un'aritmetica del livello delle tabelline più facili... due per due, due per quattro, ecc... non mi spaventerei per così poco! I numeri sono nostri amici!
Se la distanza dimezza, la quantità di luce quadruplica, non raddoppia. Questo è l'inverso del quadrato.
Comunque, rispondendo a chi temeva la "matematica", direi che siamo a un'aritmetica del livello delle tabelline più facili... due per due, due per quattro, ecc... non mi spaventerei per così poco! I numeri sono nostri amici!
Se la distanza dimezza, la quantità di luce quadruplica, non raddoppia. Questo è l'inverso del quadrato.
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