10, 100, 1000 "betulle bianche"

Racconta un tuo scatto, le scelte prese, l'inquadratura, il soggetto, la tecnica di sviluppo e la metodologia di stampa...

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vngncl61 II°
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da vngncl61 II° »

Una foto tanto ruffiana quanto banale, ruffiana perché l'autore dimostra di conoscere, e saper usare, i mezzi per attirare l'attenzione dell'osservatore, il soggetto decentrato, la contrapposizione tra segni artificiali, il cuore, e naturali, le crepe sulla corteccia, lo sfocato, il contrasto tra la luce che penetra tra gli alberi e le ombre..., banale perché il contenuto non va più in la di quanto scritto, manca il quid necessario a far scattare nell'osservatore la necessaria empatia, che travalichi il semplice "giudizio estetico", di bella o brutta.
Sicuramente un buon esempio di nozionismo compositivo, che, probabilmente, stampato per bene, in formato generoso, su baritata lucida, farebbe la sua figura in un ambiente domestico.
Non mi preoccuperei molto dei 4mila, e passa, like, le immagini con lo sfocato alla Trioplan ne raccolgono anche di più, solitamente sono solo dimostrazione di mancanza di capacità d'analisi critica, unita ad una robusta dose di ignoranza nel campo delle arti figurative, e non solo.
Quello che proprio non capisco, è il "valore aggiunto" dato dall'essere analogica, lo stesso scatto, fatto in digitale, cosa avrebbe in meno?


Nicola


Meglio farlo, e poi pentirsi, che rimpiangere di non averlo fatto.

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Paolo Selmi
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da Paolo Selmi »

Caro Nicola,
4000 like o stelline come le chiama mia figlia sarebbero un risultato che mi proietterebbe ben aldilà dell'angusto orizzonte camionistico con cui spero, crisi permettendo, di pagarmi il mutuo fino al 2030. Per il momento comunque ti tranquillizzo, così da rimetterti in pace con il popolo bue ingiustamente messo in mezzo: le stelline sono, e saranno, una settantina. Per quanto riguarda il "ruffiano", con cui penso ti riferisca all'atto di ammiccare, di cercare un facile, superficiale, consenso, entri in contraddizione nel momento in cui scrivi che "l'autore dimostra di conoscere, e saper usare, i mezzi per attirare l'attenzione dell'osservatore, il soggetto decentrato, la contrapposizione tra segni artificiali, il cuore, e naturali, le crepe sulla corteccia, lo sfocato, il contrasto tra la luce che penetra tra gli alberi e le ombre": oggi come oggi, è più facile cercare un facile consenso con molto, molto, ma molto meno. Facile no, e decade quindi anche il banale, proprio per quello che dici tu stesso.
Veniamo quindi al passo successivo: fare qualcosa che piace e condividerla con altri è ruffianeria? Ruffiano è, ti prego di perdonarmi il termine franco e schietto, il leccaculo che ride quando ride il suo padrone, bestemmia quando bestemmia il suo padrone, umilia i propri colleghi davanti al suo padrone e cerca di metterli in cattiva luce. Ruffiano direi quindi che non è il termine più appropriato per definire un atteggiamento, guarda un po' che parola mi è venuta in mente... empatico. Esco la mattina presto per andare in bici al lavoro, arrivo e timbro in orario, alzo il pugno e grido "adriana!", sull'aria del primo Rocky. Ovvio, che voglio attirare l'empatia dei miei compagni di lavoro, per iniziare una giornata che si preannuncia, come tutte le altre, di merda, con un sorriso. Empatia che è da loro ricambiata con altri ammiccamenti, citazioni o battute da film, barzellette, e quello che ci viene in mente. Socializzare, dentro e fuori dal lavoro, implica anche questo processo. Altrimenti passeremmo le restanti otto ore a fare "un pezzo un culo un pezzo un culo" e a ringhiarci a vicenda, come insegna magistralmente il crumiro Volonté ne "La classe operaia va in paradiso".
Premesso quindi che la ricerca di un consenso, meglio, di un'empatia, su un piano orizzontale, fra eguali, non è ruffianeria, ma uno degli elementi costitutivi dello stare insieme e dell'essere solidali fra noi, vengo allo specifico esaminato. Tu parli di immagini come se fossero delle semplici sommatorie di pixel o grani. Questa foto si distacca da questo modello perché ha una storia, una storia che ho voluto condividere, comunicare, perché è una storia bella, perché ci parla di un paese lontano dove non mangiano solo i bambini e che forse non tutti conoscono, perché è una storia evocativa e, come tutte le storie evocative, è una fucina di immagini: prova a chiedere a una classe di bambini (gli adulti in genere hanno il brutto vizio di considerare di serie b questi esperimenti) di raccontare per immagini una poesia, o una canzone, e vedrai un'esplosione di creatività, di contaminazioni reciproche, di inquadrature, di colori, di composizioni assolutamente originali. Io, alla fine, non ho fatto altro che fare lo stesso, quando anziché intitolare questo lavoro, che mi piaceva e basta, "Alla Russia con amore (k Rossi s ljubov'ju)" (la betulla bianca è uno dei simboli della Russia, il cuore avrebbe fatto il resto), mi è venuto in mente questo brano popolare, e ho unito così immagini e testo in modo assolutamente asincrono (Il sentiero alla Capanna Efra che portava, per un attimo, fino alle foreste decidue nei dintorni di Mosca nella visione di un contadino, o di un taglialegna, che immagina una storia impossibile fra un acero rosso e una betulla bianca), ma non per questo disarmonico: ci stava. Punto. Così come ci stava "The sound of silence" in un altro mio lavoro,
https://www.flickr.com/photos/114270893 ... otostream/
senza far incazzare per questo né Simon, né Garfunkel, così come un parco abbastanza lasciato andare appena sopra a Celle Ligure mi ha fatto pensare a Montale,
https://www.flickr.com/photos/114270893 ... ateposted/
la maestosità di un sentiero circondato da cime imponenti e la gratuità di uno spettacolo per me tra i più belli al mondo, allo stesso pensiero che circolava in una canzone dei DDT (Geroj, Eroe, dedicata a uno di quei vecchietti che solo per caso non finirono fra i venti milioni di morti sovietici del II conflitto mondiale, che ne aveva viste di cotte e di crude... e che si era trovato di colpo col gas tagliato, col cesso rotto e con le sue medaglie che non valevano più un fico secco)
https://www.flickr.com/photos/114270893 ... ateposted/
piuttosto che il modo che aveva il mio povero nonno di legare le viti, di potarle, di curarle perché potessero dare più frutto l'anno successivo, e che io guardavo ammirato non capendo mai perché questo e non quel ramo, qui e non la, ecc, mi fece intitolare Scienza contadina quest'altra immagine che feci in tempo a scattare prima che tutto finisse
https://www.flickr.com/photos/114270893 ... ateposted/
Così come l'unica volta che riuscii a permettermi un soggiorno in Sardegna per andare a un matrimonio, mi attirai le ire di mia moglie (con menate che si perpetueranno all'infinito ogni volta che emergerà il ricordo!) la mia fregola fu visitare Naracauli
https://www.flickr.com/photos/114270893 ... ateposted/
in un posto dimenticato da Dio e dal mondo, ma non dalla canzone dei Nomadi.
Sinceramente non mi preoccupo neppure io né delle stelline, né dei quattromila malcapitati che sono andati a sbattere su questa foto. Sinceramente, mi ha colpito il fenomeno virale che ha generato uno scatto del genere allorché l'ho postato negli stessi gruppi con cui mi interfaccio abitualmente, seguendo gli stessi, identici, passi. E da lì, l'idea, che ho cercato di proporre qui e in altre sedi, PER SFRUTTARE A NOSTRO VANTAGGIO LE POTENZIALITA' DEL MEZZO: l'idea di inondare questi spazi di bello, con i nostri mezzi, non con altri. Qui rispondo alla tua ultima domanda: "Quale valore aggiunto?" Nessuno, visto dal tuo punto di vista. Visto dal mio, un enorme valore aggiunto, e non per motivi tecnici, veri o presunti che siano. Io scatto, sviluppo, stampo, passo allo scanner, condivido, pubblico, in una parola TESTIMONIO che un altro modo di fare fotografia non solo è possibile, ma è anche più a misura d'uomo, più legato ai nostri tempi, che non sono quelli di una macchina o di un'ansia patologica da autocelebrazione. Ogni scatto ha una sua RUMINATIO, come le mucche, che passa attraverso un contatto diretto, immediato, fra uomo e negativo, fra uomo e provini, fra uomo e stampa; un contatto che è immediato quando si è di fronte a un semilavorato come il negativo o al prodotto finito vero e proprio, e che è PREVISUALIZZATO o premeditato, IMMAGINATO o fantasticato, in altre fasi del processo creativo, quando non si ha un riscontro immediato. Quindi la sciura che si presenta e dice... ah, finalmente un'immagine da pellicola nel mio gruppo, è un'occasione che abbiamo in più per attirare consensi e nuove energie a quella che, per me, è una causa alla pari di altre che sostengo. Rispondere a questo con: la foto è banale e ruffiana, a parte le obiezioni di merito che ho sollevato, scusami ma non è pertinente. E' come se parlassimo del tono cupo che dà un mi minore e tu mi dicessi che Nothing else matters ti fa schifo, prima, e che gli armonici di una chitarra acustica sono ormai riproducibili da un sintetizzatore elettronico... che centra?
Mi scuso per la lunghezza dell'intervento e ti ringrazio per la critica, che mi ha aiutato ancora una volta a mettermi in discussione.
Ciao!
Paolo

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-Sandro-
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da -Sandro- »

Paolo, esistono sostanzialmente due tipi di immagini (non le chiamo fotografie, perché sino a quando non sono stampate, e non sai quanto ciò sia importante, restano immagini): quelle che ti catturano, indipendentemente dalla didascalia e dai "valori aggiunti", e quelle deboli, per le quali è necessaria una qualche spiegazione.

La tua appartiene alla seconda categoria. e non c'è vissuto personale, per quanto degno di rispetto, o contingenza specifica che possa rimediare alla debolezza compositiva; il fatto che abbia ricevuto 10,100,1000 o più gradimenti sui social dice solo che la maggior parte delle persone si stupisce per uno sfocato (tra l'altro piuttosto ruvido) o per un contrasto superiore al normale, e questo è solo indice di ignoranza e di scarsa cultura fotografica, fatto questo che è incontestabile.

Il primo passo per crescere fotograficamente non è quello di apprendere la tecnica, quella la si deve dare per scontata, deve diventare un processo mentale automatico e trasparente durante la composizione (e non è facile); ma quello di studiare il lavoro fatto da altri fotografi per capire meglio come essi abbiano potuto creare foto emozionanti. Non basta essere tecnici, occorre anche un pizzico di cultura umanistica, tanto bistrattata in questa era tecnologica. Non c'è persona come il fotografo che deve avere una cultura quanto più vasta possibile. E' questo il vero, assoluto, valore aggiunto.

Il secondo importante passo per raggiungere un'autonomia compositiva è quello di sbarazzarsi definitivamente del bisogno di plauso altrui. Credimi è una vera cancrena che offusca le capacità mentali, allinea verso il basso le proprie ambizioni e tarpa ogni possibilità di crescita interiore. Quando avrai fatto una bella foto lo saprai tu, e non saranno gli altri a dovertelo dire, "altri" da cui devi conquistare l'assoluta indipendenza emozionale, per non diventarne invece schiavo.

Per farti un esempio sciocco, sono convinto che se io stampassi la tua foto con quelle due bande nere in stile cinemascope, che vanno tanto di moda su alcuni social, una volta viste su carta tu mi diresti che sono orrende, e le vorresti tagliare via. Ma sul monitor sembrano invece una sciccheria.

Termino sulla questione più controversa, il valore aggiunto della fotografia tradizionale. Ha ragione Nicola, non c'è. E' solo una fisima mentale nostra, che preferiamo gestire il processo in totale autonomia (ma siamo schiavi dei produttori di pellicole ed atterriti da una loro futura débacle). Soltanto ad altissimi livelli il processo tradizionale ha qualcosa che quello digitale non ha, ma stiamo parlando di sfumature che un occhio non allenato non riesce a vedere, troppo distratto dagli sfocati "famolo strano" e dai contrasti esagerati, già tanto abusati in passato e perennemente sempreverdi.
Considera solo che i fotoamatori (i dilettanti di una volta) dibattono sempre sulle stesse cose da più di un secolo, invariabilmente, e certe cose che sembrano una novità sono invece trite e ritrite da decenni; devi leggere, e leggere tanto per scoprirlo.

Ricorda: se per reggersi la foto ha bisogno di una spiegazione, più o meno contorta, la foto è zoppa. Ma anche questo è un insegnamento, forse molto più importante delle migliaia di "stelline" socialiste (o forse dovevo dire "social", ma credo non cambi nulla).

Concludo con il mio apprezzamento per il coraggio di continuare a fare un lavoro di merda, come lo definisci tu: l'ho fatto anche io per trent'anni e se avessi avuto il coraggio di dare una svolta alla mia vita, come ho deciso di fare soltanto l'anno scorso, forse sarei in tutt'altra situazione, dico forse, perché comunque sono felice di averlo fatto, per la prima volta nella mia vita faccio una cosa che amo alla follia, ed il solo fatto di ricevere complimenti continui dai miei clienti, riscatta alla grande gli anni bui passati lavorando con odio, quando cercavo il riscatto nella fotografia, che è stata la mia maestra di vita, e lo sarà finché avrò fiato. Anche per questo hai tutta la mia comprensione.
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Paolo Selmi
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da Paolo Selmi »

Caro Sandro, ti ringrazio davvero molto per il commento che parte da una tesi comprensibile e che condivido in parte (io non farei una differenza così netta, la ricerca dell'assoluto è fatta di molti gradi intermedi fra consapevolezza della propria scarsità e raggiungimento del grado ultimo, come in tutte le ricerche spirituali, ancor prima che materiali, che si rispettino). Restano due cose:
- una foto può essere mediocre, ma non ruffiana o banale; sono il primo e gli ultimi due aggettivi rimandano a due giudizi di merito diversi.
- la questione di partenza, da cui è partito tutto, davvero ti e vi prego di credermi, era: come può uno scatto avere un effetto "contagioso" sulla rete? Lo sfocato, bello o brutto che sia? Perché a me quello che interessa, è se e come, dal basso, sia possibile invertire una rotta, sin da prima dell'idea di buttare giù qualcosa e farlo diventare Fotoglaz, quel testo che mi ha impegnato per un anno dopo cena e fra una pausa pranzo e l'altra. Ora, il fatto che sia una foto mediocre, costituisce a mio avviso non un aggravante, ma un elemento facilitante in questo compito o missione che dir si voglia (non capisco perché si possa chiamare un compito "mission" in inglese e farsi grandi e non lo si possa dire in italiano senza evocare scenari africani o afghani, ma questo è un altro discorso, che ci rimanderebbe a Guccini e alla sua Statale 17...). In altre parole, disponiamo di uno strumento potente, e alla portata di tutti, persino di un fotoamatore della domenica come me, per fare breccia nella casamatta del nemico! A me quello interessa, per il momento, visto che non mi rassegno a vedermi ridotto a far scorte di materiali che rischiano di essere interrotti da un giorno all'altro. La metto giù pesante... ma il senso è questo.

Conclusione: postare foto che, comunque sono frutto di un minimo di studio, che hanno un linguaggio più o meno articolato, che possono più o meno risultare gradevoli esteticamente, contribuiscono a estendere la conoscenza di una grammatica fondamentale, neppure del periodo ipotetico dell'irrealtà, e quindi fanno bene alla fotografia, quella che facciamo noi; contribuisce a creare e consolidare uno zoccolo duro, a far cadere qualcun'altro da cavallo e a convertirlo sulla via di Damasco, a creare consenso su una causa giusta. E se vi fossero, in questo senso, 10, 100, 1000 betulle bianche ogni giorno, forse si creerebbe una tendenza, che porterebbe i produttori a riconsiderare i propri piani aziendali, in vista di profitti maggiori in quello che diventerebbe un mercato sempre meno di nicchia.

Scappo, ti ringrazio ancora e auguro a tutti una
B uona giornata!
paolo

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Paolo Selmi
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da Paolo Selmi »

un PS post timbratura velocissimo (per la cronaca 8.30 spaccate e Adriana! sentito fino all'ultimo piano dello stabile) …
In cosa siamo meglio degli altri?
La foto su film ha anche una funzione formativa non indifferente, come l'andare a cavallo, ha effetti benefici sulla fiducia in sé stessi, sul fatto che impostando un tempo e un diaframma senza vedere dopo cosa si è combinato, inquadrando senza avere la pretesa di avere TUTTO nel mirino, sviluppando senza avere la pretesa di vedere man mano i risultati del proprio lavoro ma sapendolo soltanto DOPO aver sciacquato la pellicola, ecc., si sviluppa senz'altro una maggior fiducia in sé stessi e nei propri mezzi.
Ha effetti benefici sull'affrontare imprevisti, assai più probabili che in uno scatto con effetto immediato: imprevisti al mezzo, imprevisti sulla pellicola, imprevisti sul lavoro di scatto, sviluppo e stampa.
Si prende coscienza che il processo creativo è un mix di questi due elementi, dove il primo non riuscirà mai essere sicuro al 100%, e si impara a prendere coscienza dei propri limiti, a ridurli il più possibile ma ad accettarne la possibilità in linea di principio.
Si prende coscienza che il processo creativo, impostato su questi parametri, è partecipativo, non settario, potenzialmente di massa, democratico nel senso che accessibile a tutti, economicamente e non solo.
Non mi sembra poco come base di partenza… ma sono idee buttate giù così, approfittando dell'altrui pausa caffè.
Ciao
paolo

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-Sandro-
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da -Sandro- »

Paolo ti devo correggere: chi lavora con la pellicola con consapevolezza sa già in anticipo quali risultati avrà ottenuto senza doverlo vedere subito, ma sopratutto senza nessuna sorta di paura o timore reverenziale. Se conosci i materiali e sai come trattarli il risultato è certo.
Anche questo non è affatto un valore aggiunto ma la credenza di chi ancora non ha maturato l'esperienza necessaria a dare la sicurezza operativa. Perdonami ma queste sono le solite cose che si leggono sulla pellicola e sono solo luoghi comuni.

La fotografia è attesa.

Attesa per la giusta luce.
Attesa per raggiungere l'empatia col soggetto.
Attesa per sviluppare la pellicola.
Attesa per stampare.
Attesa per trovare il proprio equilibrio.
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Fabio Pasquarella
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da Fabio Pasquarella »

-Sandro- ha scritto: Termino sulla questione più controversa, il valore aggiunto della fotografia tradizionale. Ha ragione Nicola, non c'è. E' solo una fisima mentale nostra, che preferiamo gestire il processo in totale autonomia (ma siamo schiavi dei produttori di pellicole ed atterriti da una loro futura débacle).
mi permetto di intervenire con una osservazione: non trascuriamo l'aspetto artigianale, il fare con il corpo, i tempi dilatati, le necessarie attese, etc. Sono tutti per me valori aggiunti di un mestiere, di un lavoro di falegnameria, intenso, che coinvolge la testa, le articolazioni, lo stare al buio. E ci sarebbe un valore aggiunto per il fruitore se alzasse il sedere dalla sedia e le stampe andasse a vederle dal vivo, magari parlando anche con l'autore che è un ulteriore valore che s'aggiunge all'aggiunto. Perchè una foto può anche vivere in autonomia, ma le poche volte che son riuscito ad avere un contatto con l'autore ebbene questo mi ha cambiato modo di vedere, ho contestualizzato meglio lo scatto che ne è uscito senz'altro più ricco. Sono assolutamente certo che cambieremmo modo di vedere persino una Pietà di Michelangelo, parlando per estremi, se avessimo occasione di vederla dal vivo e di parlare con l'autore.
Ecco è un discorso molto più articolato ma penso che con queste poche righe di aver interpretato un po' le intenzioni di quanti come Paolo vorrebbero portare all'attenzione di queste nuove generazioni nate col digitale non tanto una presunta maggiore qualità tecnica della foto, quanto piuttosto il mestiere antico dell'uomo che ha a che fare con le mani e col cuore, denso di relazioni con la materia, il tempo, le persone e la concretezza di una vita e di un fare creativo che non può essere inquadrato da un monitor.
Ritengo a questo proposito che il like su una foto analogica al pari di un'immagine della vacanza di un vip presa col cellulare sia un'aberrazione di questo modello sociale, che punta tutto al risultato, ad un certo tipo di efficacia mediatica ampiamente studiata. E la foto di Paolo assecondando, magari involontariamente e in questo senso non parlerei di ruffianeria, certi clichè è chiaro che riceva consensi. Chissà però che quel semino analogico gettato nel mare magnum dei social non faccia nascere un giorno una piccola consapevole betulla, preferibilmente senza deturpamenti della corteccia però :p

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Re: R: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da stefnerv »

La fotografia analogica secondo me non solo non ha un valore aggiunto ma come esempio dato qui da sola non va da nessuna parte . Se non fosse per internet gli scanner i pc e tutto il resto quella foto non la cagava nessuno con buona pace di tutti .

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darkrat
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Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da darkrat »

Analogico e digitale, arte e non arte, divertimento passione e artigianalità... Mah! Ho l'impressione che siano questioni molto leziose. Forse tutto è arte o ugualmente nulla è arte. Ma se esiste questa parola nel linguaggio dovremmo pur darle significato, no? Eppure non ho mai letto una definizione definitiva.
Non è comunque predeterminabile perché non può attenere al passato o al presente, ma solo al futuro, che poi è, come sostengono alcuni fisici, l'unica realtà esistente.
Andrea

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Re: RE: Re: 10, 100, 1000 "betulle bianche"

Messaggio da Fabio Pasquarella »

darkrat ha scritto:Analogico e digitale, arte e non arte, divertimento passione e artigianalità... Mah! Ho l'impressione che siano questioni molto leziose. Forse tutto è arte o ugualmente nulla è arte. Ma se esiste questa parola nel linguaggio dovremmo pur darle significato, no? Eppure non ho mai letto una definizione definitiva.
Non è comunque predeterminabile perché non può attenere al passato o al presente, ma solo al futuro, che poi è, come sostengono alcuni fisici, l'unica realtà esistente.
Qualcuno ne fa teoremi, senz'altro, e magari servono anche quelli. Io ne faccio una questione molto pratica, anzi direi esclusivamente pratica, pratica di vita.

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