Come convivete col senso del futile o del banale?

Discussioni sull'etica e sulla filosofia applicata alla fotografia

Moderatore: etrusco

Avatar utente
donato
fotografo
Messaggi: 32
Iscritto il: 30/04/2015, 15:34
Reputation:

Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da donato »

Salve,
apro il mio primo topic con un argomento fumoso, lungo, contorto e possibilmente controverso di modo da farmi prendere subito in simpatia da tutti :D
Tornando ad essere seri: in quanto aspirante artista (non me ne vogliate, non me la sto tirando, sto cercando un po' di introdurvi al mio punto di vista) mi trovo spesso a pormi delle domande sui linguaggi dell'arte in genere e specie sulla fotografia. Spero che degli appassionati come voi abbiano voglia di contribuire, anche se mi aspetto un semplice dialogo, non pretendo una illuminazione.
In particolare quello su cui rifletto è questo: parto dal presupposto che per me l'arte è espressione. Permettetemi però di spiegare cosa intendo per "espressione": per me l'espressione è lungi dall'essere un concetto romantico sul bisogno dell'uomo di esprimere la bellezza che avverte nel mondo ecc. ecc. Per me il bisogno dell'uomo di esprimersi nasce dalla sua "vera" essenza: la Paura.
L'uomo teme continuamente a livello inconscio che il mondo che percepisce con i sensi e elabora con la mente, sia in realtà un'illusione, una bugia.
Da questo nasce il suo bisogno continuo di "esprimere" (e quindi letteralmente spremere fuori) dei segnali, in attesa di una risposta consolidante la sua ipotesi che il mondo che lo circonda è davvero reale, e non è tutta una allucinazione. Siamo continuamente alla ricerca di rinforzi positivi sulla nostra "sanità mentale".
Volendo tirarne fuori una metafora visiva, l'uomo è rimasto fermo al momento in cui, rimasto nella Caverna, urlava fuori nella speranza di sentirsi rispondere da coloro che ne erano usciti che fuori andava tutto bene e che poteva uscire senza pericolo.
Dunque arriviamo alla deduzione necessaria: al bisogno innato di espressione corrisponde un bisogno innato di comunicazione.
Abbiamo bisogno di gridare tanto quanto abbiamo bisogno che qualcuno ci risponda "shh, va tutto bene".
E dunque da questo nascono i linguaggi, artistici e non. Forme codificate di veicolazione delle nostre espressioni. Tanto più efficaci quanto più diffusi e utilizzati.
Venendo al punto fondamentale (potete leggere direttamente qui se non volete leggervi il pippone precente)
Studiando l'arte ho notato che la tendenza negli ultimi 60 anni, un po' come nella società in genere, sia quello nell'isolamento e nella distruzione o abbandono dei linguaggi, o spesso dall'ossessione di costruirne di nuovi senza molto criterio (se non quello dell'egocentrismo), con la conseguenza spesso di creare un'arte che interessa soltanto chi ci guadagna e lascia gli altri indifferenti. Un'arte compiaciuta di essere inutile e insignificante (inteso etimologicamente e non come un semplice insulto)
In tutto questo la fotografia riveste un ruolo stranissimo, in quanto, essendo così giovane, non ha avuto tempo di cristallizzarsi in linguaggi universalmente (o quasi) riconosciuti (come la letteratura o la pittura ad esempio) dunque ha subito lo sconquassamento degli ultimi 60 anni più che altro (paradossalmente) come una perdita di memoria.
Un ritratto fotografico, ad esempio, non è mai stato così chiaro nelle forme agli spettatori tanto quanto, continuando con gli esempi, un passaggio da minore a maggiore (riconosciuto da tutti, consciamente o meno, come "allegro").
E dunque, dopo tutto questo giro di parole, arriva la domanda fatidica: Voi come gestite i vostri significati nelle vostre fotografie? Pensate che non ce ne sia nessuno? Che non siano consciamente gestibili dall'artista? Cercate di costruirli attraverso forme riconoscibili (ad esempio una donna nuda ammiccante per comunicare desiderio)? E in entrambi i casi, avvertite il disagio di stare facendo "qualcosa di inutile e insignificante"? O no?
Spero di avviare una discussione interessante, non linciatemi :)



Telegram Vieni a scoprire il canale telegram di analogica.it - tantissime offerte su materiale fotografico analogico nuovo ed usato Offerte materiale analogico


Avatar utente
Silverprint
moderatore
Messaggi: 13404
Iscritto il: 30/08/2011, 2:12
Reputation:
Località: Faenza
Contatta:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da Silverprint »

Tocchi una serie di nodi fondamentali.

Purtroppo non posso rispondere compiutamente fino a lunedì. Ma intanto ti lascio uno spunto di riflessione, essere forma di espressione connota ogni forma di comunicazione umana, in cosa è diversa quella che chiamiamo "arte"?
Andrea Calabresi, a.k.a. Silverprint
http://www.corsifotoanalogica.it
[email protected]

Avatar utente
donato
fotografo
Messaggi: 32
Iscritto il: 30/04/2015, 15:34
Reputation:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da donato »

Silverprint, aspetto la tua risposta :)
nel frattempo ti rispondo, se ho capito bene mi domandi: cosa rende l'arte "arte", se l'arte come tutto il resto è una forma di comunicazione dettata da un bisogno espressivo?
Cioè in soldoni perchè se un ragazzino taglia una tela bianca e cerca di esporla in un museo lo cacciano mentre Fontana c'ha costruito su una carriera? Perchè se io spacco il naso al David di Michelangelo mi arrestano per vandalismo ma se Francesco Vezzoli dichiara che vuole comprare delle statue romane autentiche e decapitarle come forma d'arte lo acclamano come genio? Qui c'è sia la risposta che il problema: l'arte, come suggeriscono le etimologie dei nomi "ars" e "poiesis" (cioè il greco per poesia, specifico perché ancora non ti conosco, magari e probabilmente lo sai meglio di me) si differenzia dal comune e semplice linguaggio per l'intenzione, e cioè: ars e poiesis richiamano entrambi dimensione del lavoro manuale/costruzione. Ars (come la parola arto in italiano) deriva dalla radice ariana Ar, che sta a indicare lo spingere, il muovere qualcosa con le braccia, mentre poiesis deriva dal verbo poieo che vuol dire, prima di "fare poesia", costruire, edificare. Quindi l'arte è una costruzione, una maschera. L'arte è ciò che è costruito "dal nulla" (e quindi arte-fatta, è sempre finta) con la volontà di utilizzare i linguaggi conosciuti per creare una finzione che abbia un plusvalore di significato, maggiore della somma degli elementi che la compongono. E', in sostanza, la capacità dell'uomo di creare senso e di creare simboli: fare Cultura.
Capirai facilmente che in questa mia risposta ti ho già confermato una cosa: nè nel ragazzino che taglia le tele, nè in me che spacco il David nè in Vezzoli c'è l'intenzione di fare Cultura. Al massimo c'è l'intenzione di fare soldi e scalpore. Non basta esprimersi per fare cultura, bisogna generare significato. E questo ci porta al punto fondamentale: cos'è dunque la cultura?
La comprensione del senso delle parole che usiamo ci verrà di nuovo incontro: Cultura (o coltura) deriva da un unico verbo latino: Colere.
Colere ha la fantastica caratteristica di avere due significati contrapposti, che se rifletti un attimo sono perfettamente e indissolubilmente legati. Vuol dire innanzitutto coltivare (il campo in senso stretto), ma nell'accezione del lavoro svolto quotidianamente, versando sudore ogni giorno, inesorabilmente, con disciplina, come l'acqua che erode le pietre. E' il lavoro continuo del contadino che batte la terra arida (di quelli che ancora zappavano). Colere però vuole anche dire "prendersi cura del recinto sacro, proteggere il sacro" e qui arriva la sorpresa: è attraverso la fatica e l'impegno quotidiano che il contadino plasma il campo arido intorno a sè in un orto che nutrirà lui e la sua famiglia e vede che grazie al suo lavoro egli è diventato poco poco poco più vicino a Dio e un po' più lontano dallo scimpanzè affamato che era prima di prendere in mano una zappa. L'uomo attraverso il lavoro si eleva, la natura gli ubbidisce, il mondo da minaccia diventa risorsa. E facendo così, fa cultura. E quindi fa "Arte".

Avatar utente
donato
fotografo
Messaggi: 32
Iscritto il: 30/04/2015, 15:34
Reputation:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da donato »

Dunque, per finire, il ruolo dell'artista fino al 1400 era quello di studiare i linguaggi della propria cultura, capire le persone che gli stavano intorno, e costruire delle finzioni che convincessero gli uomini che il mondo fuori dalla Caverna, anche se sembra brutto e minaccioso, può essere bellissimo se filtrato dagli occhi di un'artista.
L'arte fino a quel punto era una raffinazione e una rielaborazione delle parole, dei problemi, dei sogni, della vita delle persone che ci vivevano intorno, FATTA PER LE PERSONE che ci vivevano intorno. Il Cavernicolo Sciamano disegnava le prede sulle pareti per assicurarsi che i suoi cacciatori andassero a caccia convinti di avere già vinto, Sofocle metteva in scena l'Edipo Re perchè era una leggenda della sua città, probabilmente accaduta davvero a qualche Ateniese in una forma o l'altra. Tutto ruotava intorno alla ricerca della felicità, in barba agli Americani.
Gli artisti sapevano benissimo, a dispetto di un sacco di idioti fanfaroni oggi, di essere soltanto dei filtri della Cultura che li circondava. L'originalità non esiste. Oggi la gente è convinta che Dante s'è svegliato un giorno e ha scritto la Divina Commedia tirandosela fuori ehm, dai fondelli. Quando in realtà se Dante ha scritto quello che ha scritto è si, perchè era Dante, ma anche perchè era l'humus culturale in cui Dante è cresciuto: 800 anni di cultura cattolica (quella vera, di sant'Agostino e delle persone che morivano mangiate vive per delle idee), altri 600 anni di studi intensi del mondo classico e anche un pizzico di alchimia Egizio/musulmana e tutta la tensione di milioni di uomini che hanno cercato portare l'umanità un poco poco poco più vicina al sacro.
Dal '400 in poi è cambiato tutto ma questo dovrò spiegarlo in un altro post un'altra volta, credo di averti risposto esaurientemente per ora ;)

Avatar utente
SEVENTH SON
esperto
Messaggi: 103
Iscritto il: 27/12/2010, 23:49
Reputation:
Località: Udine

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da SEVENTH SON »

donato ha scritto: L'uomo attraverso il lavoro si eleva, la natura gli ubbidisce, il mondo da minaccia diventa risorsa. E facendo così, fa cultura. E quindi fa "Arte".
l'uomo attraverso il lavoro e la sua presunta evoluzione si è auto schiavizzato . Con la sua presunta intelligenza e superiorità si è reso schiavo per mezzo di riti religiosi , economici , politici , l'uomo crede di dominare Madre Natura ma è semplicemente una pia illusione , il Pianeta Terra è indispensabile per l'uomo , l'uomo non è indispensabile per il Pianeta Terra . Madre Natura attraverso i suoi cicli ci Dona i suoi Frutti , ma l'ignoranza dell'uomo ha stuprato questa Fertile Terra attraverso la sua arrogante ignoranza , abbiamo , continuiamo e tramandiamo gli stessi remoti errori , in ogni epoca l'uomo ha il suo grado di colpe per aver lentamente reso questo Pianeta Terra da Paradiso Terrestre in un inferno , l'arte dell'uomo è di distruggere ciò che l'uomo stesso non può concepire , basta osservare i dieci comandamenti , non c'è ne uno che menzioni il ripsetto verso chi ci mantiene realmente in Vita attraverso i suoi Doni ossia il Pianeta Terra con il suo Regno Animale e Vegetale , la Natura è l'unica vera e inconcepibile Opera d'Arte , l'umanità per mezzo del suo lavoro parassitario sta demolendo un Opera di non sua proprietà , difendendo a spada tratta la sua arte arrogante e disfattista attraverso una sua logica religiosa , economica , politica , ciecamente sta compremettendo un Intero Ecosistema , l'uomo è così vigliacco che sta studiando una fuga da questo ex Paradiso Terrestre in cerca di monopolizzare, colonizzare , omologare un nuovo Pianeta , in cui installare la sua arrogante presunta arte !!!!

Avatar utente
donato
fotografo
Messaggi: 32
Iscritto il: 30/04/2015, 15:34
Reputation:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da donato »

Seventh son, capisco la tua rabbia, ma vorrei farti notare una cosa:
il punto di vista della tua indignazione trae le sue radici da una visione binaria (che vede il mondo diviso in bene/male, natura buona e uomini cattivi) romantica borghesissima, cristianissima e civilissima. Per favore non prenderli come insulti, non lo sono, davvero.
E' infatti un tratto fondamentale dei borghesi (e lo intendo come appartenenti alla cultura borghese, nella quale anch'io sono cresciuto e vivo ma dalla quale mi sento "fuori" per una serie di cose in cui credo dopo aver cercato di capirci qualcosa leggendo) quello di detestare il proprio essere borghesi, ed è solo ragionando in un contesto di pensiero borghese che tu puoi affermare questo tuo disprezzo. Ma non parlo di te personalmente, quelli "arrabbiati col sistema" come te sono ormai una categoria vastissima di persone che hanno perfettamente ragione ad essere arrabbiate, ma spesso per i motivi sbagliati.
Cosa ti fa pensare che la natura sia buona e voglia nutrire gli uomini? Hai mai provato a vivere nudo in mezzo a un bosco e vedere quali frutti ha la natura da offrirti? Quanto tempo pensi che qualsiasi essere umano possa sopravvivere nella natura senza artifici? Hai mai provato a scavare con le mani nella terra compatta? Arrampicarti nudo su un albero pieno di spine e insetti?
E a parte questo, cosa ti fa pensare che la natura sia pace, amore, preservazione dell'equilibrio e vita? Alla natura non fa nessuna differenza se noi moriamo o no, se c'è inquinamento o no, se le piante si estinguono o fioriscono. Semplicemente perchè la natura non ha volontà, nè intenzioni nè pregi nè difetti.
La natura è ciò che succede, in particolare ciò che è in continuo nascere (da nascor, verbo latino) che ovviamente è poi destinato alla distruzione.
E' l'equilibrio infinito della materia dell'universo, la creazione che compensa ogni forma di distruzione.
Per ogni albero che brucia nascono migliardi di atomi di anidride carbonica, ossigeno, azoto. Esattamente nella stessa quantità dell'albero.
Sei tu che in quanto uomo civile decidi che l'albero è meglio dell'azoto. Alla natura non interessa.
E lo fai in quanto già nel tuo rifiuto del codice stabilito religioso, politico e logico, ti sei costruito un altro ordine, religioso (Madre natura? Hai appena creato una divinità benigna) politico (è meglio rispettare la natura che sfruttarla) e logico per forza, perchè la logica è nella nostra testa e da lei non si sfugge.
Il punto però è che prima del 1400 gli uomini lo sapevano. Sapevano che la natura non era nè cattiva nè buona, perchè conoscevano ancora il senso delle parole che usavano per fare arte (e non). Da questo discendeva tutta una serie di comportamenti che portava a un rispetto serissimo della natura.
Il contadino legato dal suo colere al campo, viveva col campo un rapporto quasi di fratellanza. Lo vedeva cambiare nei giorni, sapeva quando stava bene e quando stava male, quando gli avrebbe portato frutti e quando sarebbe stato povero. Il contadino attraverso il suo lavoro trovava il senso della sua vita, la forma della sua cultura e il significato del suo universo, in una maniera estremamente più pacificante, rispettosa e eudaimonica (cioè portatrice della felicità della propria vocazione) di quanto noi nella nostra euforia del consumismo quantitativo possiamo neanche sognarci.
Ovviamente il contadino è un simbolo, sta semplicemente nell'uomo che lavorava nel senso del colere, non quello che fa lo schiavo salariato per un magnaschei.

Avatar utente
|DDS|
guru
Messaggi: 746
Iscritto il: 05/01/2013, 10:19
Reputation:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da |DDS| »

Ottima discussione Donato,
mi permetto di partecipare anch'io, dal basso della mia preparazione in materia di Arte Classica e Contemporanea, alle quali però sono molto appassionato.
Non sono del tutto d'accordo su quanto scritto finora, oppure non ho ben compreso alcuni passaggi del tuo intervento e, se così fosse, chiedo venia.
Il ruolo dell'artista fino al 1400 [...] Gli artisti sapevano benissimo, a dispetto di un sacco di idioti fanfaroni oggi, di essere soltanto dei filtri della
Cultura che li circondava. L'originalità non esiste.
Dal punto di vista dell'artista il primissimo interesse dell'arte pre-rinascimentale era la committenza religiosa, la quale faceva da filtro ancor prima dell'autore.
Le persone venivano dopo: ai comuni fruitori dell'opera erano reiterati soggetti e concetti abusati ed arcinoti, al fine di un indottrinamento persuasivo voluto da terzi, non dall'artista.
La Cultura, invece, celata nel simbolismo, era appannaggio di una ristretta cerchia di eruditi.
Dunque si dipingeva anzitutto per denaro, e ci si prodigava affinché il quadro funzionasse nell'estetica, nel linguaggio e nel significato prestabiliti.
In secondo luogo ci si dedicava alle sfumature: virtuosismi tecnici e intellettuali che appagavano l'artista ed il cliente, ma non erano certo rivolti alle masse.
Nonostante i soggetti ritratti fossero, appunto, prettamente di carattere ieratico, e perciò ricorrenti e ridondanti, l'originalità è sempre viva e parte integrante dei capolavori di ogni epoca, nonché prerogativa imprescindibile di tutta l'Arte, anche quella medioevale.

La differenza con il Rinascimento e con tutto ciò che ne consegue, a mio avviso, è molto più banale e pragmatica di quanto sembri: essa sta nel fatto che prima del
quattrocento - vale a dire prima dell'avvento del mecenatismo borghese, e dell'indipendenza dal Clero - stravolgimenti radicali erano di difficile attuazione, non per
questo impensabili: l'originalità dell'artista si rivelava dunque nei dettagli.
La rivoluzione, in circostanze tutt'altro che progressiste, trova spazio gioco-forza nell'ombra: innovazione, estro ed originalità talvolta non interessano l'intera opera, e possono passare inosservati ad una critica disattenta ed incerta.
Sono le variazioni sul tema a fare la differenza: trasformazioni lente tanto quanto il metabolismo stagnante dell'epoca.
Cambiamenti che però hanno influenzato e capovolto radicalmente gli stili, le forme ed il linguaggio. L'evoluzione artistica non ha mai avuto soluzione di continuità, talvolta le circostanze la rallentano ed il cambiamento risulta graduale, rimanendo pur sempre inesorabile. Essa ha condotto Donatello a scolpire la Maddalena penitente, ad esempio, importante punto di svolta; Antonello da Messina a dipingere una delle Madonne più umane di sempre. Eccetera.
Furono anni audaci, e molto originali, quelli antecedenti al '400.

Oggi in Arte si è conquistato 'Tutto'.
Attenzione però: quel Tutto rappresenta lo scibile.
Lo scibile così com'era il 'Tutto' ai tempi di un pannello intonso per Simone Martini, lo è oggi per una tela vergine di Koons.
Cosa accomuna entrambi? La sperimentazione. Cosa cambia? Il contesto, i canoni (in passato l' artista non era il solo a definirli),le conquiste, le opportunità, l'apertura mentale...
Secoli di innovazione, crescita intellettuale e progresso scientifico ci hanno fatto accettare astruse teorie sull' Anti-materia, e non riusciamo ancora a considerare la Non-Cultura parte integrante del nostro universo, fondamentale alla Cultura stessa.

Ciao :)
Enrico

Avatar utente
donato
fotografo
Messaggi: 32
Iscritto il: 30/04/2015, 15:34
Reputation:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da donato »

|DDS|, grazie per il tuo intervento :)
stiamo dicendo credo la stessa cosa, ma da punti di vista diversi. Nel senso che non trovo che la tua "obbiezione" contraddica la mia "tesi", quanto più che ci sono aspetti di ciò che vorrei spiegare che non ho ancora avuto modo di spiegare qui.
Provo una difficoltà enorme però in quanto sto cercando di spiegare in un paio di frasi un qualcosa di così complesso che mi ci vorrebbe un saggio di almeno 200 pagine per cominciare a (dis)spiegarlo compiutamente e che è soggetto di continuo studio da parte mia.
In particolare:
|DDS| ha scritto: Dal punto di vista dell'artista il primissimo interesse dell'arte pre-rinascimentale era la committenza religiosa, la quale faceva da filtro ancor prima dell'autore.
Le persone venivano dopo: ai comuni fruitori dell'opera erano reiterati soggetti e concetti abusati ed arcinoti, al fine di un indottrinamento persuasivo voluto da terzi, non dall'artista.
La Cultura, invece, celata nel simbolismo, era appannaggio di una ristretta cerchia di eruditi.
Dunque si dipingeva anzitutto per denaro, e ci si prodigava affinché il quadro funzionasse nell'estetica, nel linguaggio e nel significato prestabiliti.
In secondo luogo ci si dedicava alle sfumature: virtuosismi tecnici e intellettuali che appagavano l'artista ed il cliente, ma non erano certo rivolti alle masse.
Nonostante i soggetti ritratti fossero, appunto, prettamente di carattere ieratico, e perciò ricorrenti e ridondanti, l'originalità è sempre viva e parte integrante dei capolavori di ogni epoca, nonché prerogativa imprescindibile di tutta l'Arte, anche quella medioevale.
La tua descrizione delle meccaniche produttive dell'arte medievale non fa una piega. Il problema è solo uno: l'occhio "culturale" con cui lo stai guardando, che è alla fine il nocciolo del mio discorso.
Tu stai analizzando questa situazione inferendo in essa il punto (purtroppo ormai unico) di vista "universalmente borghese/arrivista". In particolare, pensi che all'epoca (come lo sarebbe per noi oggi) la fruizione da parte del pubblico di queste opere ieratiche e vetuste fosse subita un po' come "la fila coi panini davanti ai musei... Mi fa malinconia." di Gaber, in poche parole una rottura di palle infinita :D Quando in realtà non era e non poteva essere così, e per un semplice motivo: l'arrivismo "legittimato" ce lo siamo inventati noi borghesi nel 1400, prima non esisteva! Oggi siamo tutti convinti che essere il "massimo del top" per citare Crozza sia la cosa migliore del mondo, come se l'accumulo di materia sia il destino dell'uomo, la sua vocazione, e che chi non vuole essere Re del Mondo senza pensare due volte a sparare nella schiena a chi gli sta davanti è un povero imbecille sfigato che non capisce come va il mondo "da sempre". Ma in realtà è solo una forma di legittimazione del potere di una classe nuova, la borghesia. Le persone prima dell'avvento del pensiero calcolante borghese non potevano avvertire il "disagio" di essere soltanto contadini, o soltanto artigiani, l'ossessione alla continua scalata sociale/economica prima non esisteva, e le persone, per la maggior parte, sentivano di appartenere alla loro classe con soddisfazione, perchè avevano obbiettivi diversi, standard diversi e aspirazioni diverse, per quanto strano possa sembrare ai nostri occhi adesso, c'era tanta gente felice di essere un contadino, perchè aveva attorno un mondo che non gli ricordava in continuazione di essere uno sfigato. E' la borghesia che ha sostituito tutti i simboli, tutte le aspirazioni, tutti gli standard con uno solo: fai più soldi che puoi.
Il clero prima durante la storia Egizia, poi nel medioevo occidentale, e tutt'ora nel mondo musulmano fa esattamente la stessa cosa, ma dicendo che lo spirito sia il destino dell'uomo, al posto dei soldi.
Quello che è cambiata è l'attenzione nei confronti dei fruitori, prima necessaria e adesso non più. Per un povero contadino spaccato in due dalla violenza della propria esistenza vedere un quadro della Madonna non era una rottura di palle, era un'esperienza spirituale/culturale, perchè per lui la madonna non era una semplice icona, era un simbolo! Era il simbolo della possibile vita "bella" che avrebbe potuto vivere altrove, e probabilmente, a parte un po' di vino e una donna che non poteva nè radersi nè lavarsi, era tutto ciò che aveva di sensato nella propria vita.
In questo, ciò che salvava era l'attenzione ai linguaggi. La chiesa sfruttava e censurava la libertà degli uomini di esprimersi? Certamente.
Ma allo stesso tempo attraverso la propria "censura" aveva costruito un linguaggio che arricchiva di senso la vita dei contadini, i quali, non essendo borghesi repressi dalla smania di ESSERE TUTTO, non poteva neanche percepire il tedio e il fastidio che non percepiamo nella nostra incapacità di percepire i simboli, $ escluso.
Non dimentichiamoci infatti che la chiesa, come tutti i sistemi costruiti dagli uomini prima della Tecnica borghese, erano fatti dalle persone che ci vivevano dentro, e che, evidentemente, della libertà d'espressione non te ne fai nulla senza avere qualcosa da dire. La "libertà obbligatoria" è un'altra invenzione propagandistica inventata dai borghesi.
L'artista era legato alle persone per cui produceva la sua arte, lui arricchiva le persone e le persone che vivevano attorno a lui arricchivano la sua arte, procurandogli nuovi stimoli, nuove idee, nuovi materiali, nuove tecnologie, che certo erano meno rapidamente sperimentabili, ma che di sicuro come hai osservato acutamente non impedivano all'arte di muoversi coi tempi. Il rispetto dei linguaggi permetteva un'evoluzione armonica.
Sia chiaro: chiesa o non chiesa, i tempi si muovevano lo stesso, le cose cambiavano e si evolvevano come sempre. L'unica differenza è che si evolvevano al passo in cui si evolvevano gli uomini e i loro linguaggi/cultura. Adesso invece l'apparato tecnico, costruito dai borghesi dall'1400 in poi (nascita delle prime banche a interesse) per inseguire il sogno totalizzante di poter fare sempre più soldi e essere sempre di più il Re del Mondo, è fuori controllo e viaggia a velocità vertiginose mentre noi continuiamo a evolverci pianissimo come al solito. Questo sta creando una distonia sempre più forte tra ciò che siamo e ciò che facciamo che ha avuto delle fortissime ripercussioni nel mondo dell'arte, in particolare per l'attenzione data ai linguaggi.

Avatar utente
donato
fotografo
Messaggi: 32
Iscritto il: 30/04/2015, 15:34
Reputation:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da donato »

L'investitura del denaro come unico simbolo della realtà in cui tutto il resto si riflette ha sottratto all'arte la possibilità di scambiare significato con il "mondo esterno", sia dal punto di vista della fruizione che dal punto di vista della produzione perchè:
dal punto di vista della fruizione l'unico metro che è rimasto alle persone per giudicare l'arte è se vale i loro soldi, e quanti ne vale. Se il film è "bello" pago per vederlo, se non è "bello" non vale nulla e non pago. Se uno espone in galleria è un grande artista, se espone in strada è un "artista di strada". Ci sono stati eradicati tutti i valori che avevamo per capire se qualcosa era nobile, ignobile, noiosa, interessante, emozionante. Queste cose ormai non hanno più senso per la stragrande maggioranza delle persone, che vi risponderanno puntualmente che non vanno al cinema perchè costa, o che le opere di Pincopallo sono belle perchè vendono a un miliardo di dollari l'una.
E dal punto di vista della produzione soprattutto: si è creato un sistema perfetto, in cui l'artista inventa una qualsiasi cazzata: mettiamo che voglia vendere un pacco di merendina vuoto come opera d'arte. La dà al suo marketer/critico di fiducia, che spara 4 termini difficili tipo strutturalismo, eidetico, e ipotattico. Il critico sponsorizza con le sue chiacchiere il pacco di merendina che viene esposto al MOMA dove ha un enorme successo, e uno sceicco miliardario lo compra per due miliardi: in questo modo sono tutti felici: l'artista che ha venduto una cazzata per due miliardi, il critico che ha scritto e venduto un libro di sofismi sulla cazzata dell'artista, il MOMA che ha fatto i soldi con i biglietti dei poveracci che hanno pagato per guardare una busta e lo sceicco che adesso può appendersi la sua busta in salotto così si sente ricco ma anche colto, e di conseguenza un po' più Re del Mondo. E così abbiamo generato un paio di miliardi di ricchezza con il minimo sforzo e una busta, l'apoteosi massima del Capitalismo.
Gli unici a essere sfruttati in tutto questo meccanismo sono i poveracci che pagano per guardare le buste nei musei (altra invenzione borghese), perchè tanto gli artisti campano (e bene) sui soldi dei riccastri ignoranti abbastanza da poter comprare una semplice busta come arte a patto che sia una busta certificata da un critico, se l'opera non piace o non si capisce, sono affari del pubblico. L'artista è libero di fare quello che vuole e non deve rendere conto a nessuno, neanche più alle persone che vorrebbero comprendere la sua arte. Infatti come dice il mio professore di storia dell'arte: oggi se le persone pagano il biglietto e non entrano neanche nel museo, è meglio.
Ma quanti di questi cosiddetti artisti continuerebbe a fare gratis la propria arte?
Da questo si ritorna al punto iniziale: avvertite il problema? Come ne uscite voi personalmente come persone che ancora sentono il bisogno di comunicare?

Avatar utente
Silverprint
moderatore
Messaggi: 13404
Iscritto il: 30/08/2011, 2:12
Reputation:
Località: Faenza
Contatta:

Re: Come convivete col senso del futile o del banale?

Messaggio da Silverprint »

Caro Donato,

Per cominciare, una considerazione: stai scrivendo su un forum, non stai declamando nello speakers' corner di Hyde Park.
Questi post chilometrici e che tirano in ballo una miriade di problematiche, tutte mischiate insieme, condite di sfogo personale difficilmente possono avere partecipazione e risposte costruttive. Un po' d'ordine mentale, affrontare le cose un po' alla volta, cercare il dialogo e non lo sfogo aiuterebbe.

Dissento dalla tua impostazione di fondo, ma capisco perfettamente lo stato di frustrazione che provi. Insomma non sono d'accordo, ma capisco perché ti senti male. :D

Difficile districare il crogiolo di roba che hai spiattellato, comunque, altrettanto alla rinfusa, dico la mia su un paio di questioni cercando di arrivare ai concetti base che hai fatto tuoi e che ti fanno provare disagio.

La paura di cui parli è una invenzione filosofica che a sua volta è il frutto di un infantile delirio di onnipotenza: "esisti perché ti penso, se non ti penso più, non esisti". Che poi la questione si sia nei secoli arricchita di importanti costrutti filosofici non ne cambia di molto la sostanza. ;) Deriva da un certo atteggiamento, che possiamo far derivare dal Platone del mito della caverna, fatto poi proprio dalla cultura occidentale cristiana, che contesta la validità della percezione. Io credo che lo scopo originario di quel costrutto sia esattamente quello di creare paura ed angoscia al fine di ottenerne potere. Preferisco ripartire dagli atomisti e riagganciarmi a quel filone minoritario di inguaribili ottimisti che ha creduto che dai dati sensoriali dovesse partire l'osservazione del mondo e su di essi ha fondato la scienza inventando strumenti che rendessero i sensi più acuti ed i dati condivisibili. Ciò detto cade (per me) il tuo costrutto sull'origine del bisogno di comunicare. Esso ha invece radici più naturali e semplici: l'uomo è un animale sociale e nasce prole inetta.

L'arte è una delle varie forme di comunicazione, forse il suo scopo è quello di distruggere l'attitudine a creare sistemi codificati di comunicazione (lingua) a partire dai dati dei sensi per ri-portarci perennemente allo stato pre-verbale; allo stato mentale in cui a suoni e forme imparavamo ogni volta a dare senso. Ci serve a non basarci unicamente sulla memoria (lingua) e a ricordarci che alla nostra finitezza sappiamo dare una infinità di forme. Insomma a mio vedere l'arte non è non deve mai essere "una forma codificata di veicolazione delle nostre espressioni. Tanto più efficace quanto più diffusa e utilizzata".

Nelle caverne dipingevano sopratutto le donne e i bambini. Non per paura, né per ritualità, ma per dare figure ai racconti. Immaginarne la ritualità e che sia un lavoro da uomini è una supposizione.

La visione mercantilista dello stato attuale delle cose non è tanto vera. Il mercato dell'arte, da quando esiste, ha i suoi meccanismi speculativi, ma essi non rendono certamente conto di tutto, anzi di poco, e al MOMA tante cagate non entrano.
Andrea Calabresi, a.k.a. Silverprint
http://www.corsifotoanalogica.it
[email protected]

Telegram Vieni a scoprire il canale telegram di analogica.it - tantissime offerte su materiale fotografico analogico nuovo ed usato Offerte materiale analogico


Rispondi