Analogica.it come affiliato eBay Partner Network può guadagnare una commissione sugli acquisti che effettui attraverso i link ebay che condividiamo sul forum. Non ti preoccupare, questo non influisce sul prezzo che paghi. La commissione è pagata dal partner, non da te! approfondisci
Ad blocker detected: Our website is made possible by displaying online advertisements to our visitors. Please consider supporting us by disabling your ad blocker on our website.
Salve a tutti , premesso che spero di essere nella sezione giusta , volevo porvi come primo post una domandina tecnica...
Qualcuno potrebbe spiegarmi in parole "povere " il concetto della distanza focale??
Io uso una yashika mat 124 G con rullo in bianco e nero . In particolare vorrei sapere essenzialmente a cosa mi serve impostare la macchina per una determinata Distanza Focale o qualcosa del genere. Su una guida poco chiara tra le altre cose , leggevo ad esempio che sulla "manopola" dell'obiettivo trovo distanza in metri o Piedi , corrispondente valore del diaframma da impostare ,impostazioni che determinano questa benedetta distanza focale. Premesso che sono Neofita Niubbo e nabbo di quest'arte , ed solo da poco che mi ci mento , scusatemi se la mia domanda è posta in modo sbagliato , o se addirittura ho posto una domanda a cui non esiste risposta...
Ringraziando in anticipo , vi mando i miei saluti.
Carmelo
La "distanza focale" (probabile traduzione impropria) è la distanza di messa a fuoco. Ovvero la distanza che intercorre tra la macchina fotografica ed il soggetto.
Un obbiettivo mette a fuoco ad una distanza ben precisa, quella che è riportata sulla scala metrica: le cose poste più lontano o più vicino di questa distanza non saranno a fuoco.
La correlazione con l'apertura del diaframma è invece relativa alla profondità di campo. La profondità di campo è un fenomeno ottico per cui anche oggetti non giacenti sul piano di messa a fuoco (cioè più lontani e vicini) possono apparire sufficientemente nitidi.
È un controsenso solo apparente. Nitidezza e messa a fuoco sono due cose diverse (anche se il risultato può essere simile): la messa a fuoco si ha sempre su un solo piano di oggetti equidistanti dalla macchina è regolabile tramite lo spostamento del gruppo ottico. La nitidezza è ciò che appare sufficientemente nitido (che non è lo stesso che a fuoco, anche se a vederli è quasi uguale), Esiste sempre una distanza più lontana e più vicina al piano di messa a fuoco in cui gli oggetti appaiono sufficientemente nitidi, questa zona di nitidezza sufficiente prende il nome di profondità di campo. Per esempio si può mettere a fuoco a 3 metri (circa) ed avere un campo nitido che si estende da 2 a 4 metri.
La profondità risponde a leggi complesse e dipendenti da vari fattori:
- Diminuisce al diminuire della distanza di messa a fuoco, ovvero se metto a fuoco oggetti vicini la profondità di campo è minore e viceversa.
- Diminuisce all'aumentare della lunghezza focale, un grandangolo ha più profondità di campo, e viceversa.
- Diminuisce all'aumentare dell'ingrandimento, comprende i due fattori scritti sopra e si aggiunge la dimensione della stampa e viceversa.
- Diminuisce aumentando l'apertura del diaframma, più il diaframma è aperto minore sarà la profondità di campo e viceversa.
Essendo quindi regolabile (almeno in parte) variando l'apertura del diaframma sulle ghiere di messa a fuoco è (purtroppo non sempre) presente una serie di riferimenti alla profondità di campo. Ci sono cioè sulla ghiera di messa a fuoco degli indici che sono riferiti all'estensione della profondità di campo a seconda del diaframma in uso.
Grazie per aver risposto , sei stato molto gentile e molto chiaro , ora credo di aver afferrato il concetto.. Vedremo cosa riuscirò a combinare alla luce delle nuove nozioni apprese...
Grazie a presto
Carmelo.
Aggiungo umilmente all'ottimo intervento di silverprint che la profondità di campo si estende per un terzo verso di te, e per due terzi dietro al piano di messa a fuoco, e aggiungo una piccola immagine che forse renderà ancora meglio il concetto ;)
PS: non facciamo caso agli orribili pantaloni a pois del soggetto che rischierebbero di frantumare l'obiettivo!
Ciao, alle ottime risposte che ti sono state date, mi permetto solo di aggiungere che la profondità di campo cambia certo, al variare della lunghezza focale, ma è bene specificare alla costante della distanza di ripresa e non del rapporto di riproduzione (rapporto tra le dimensioni reali del soggetto e quelle che assume sul supporto sensibile). Alla costante del rapporto di riproduzione, infatti, variando lunghezza focale e compensando le differenze avvicinandosi o allontanandosi (a seconda se stiamo usando un obiettivo più grandangolare o più tele rispetto al primo), la profondità di campo sarà la medesima.
Altro fattore che la influenza, poi, è il circolo di confusione. Questo è da intendere come il circolo più piccolo (frutto di un punto fuori fuoco) che, pur non giacendo sul piano di messa a fuoco (dove sarebbe stato reso come un punto perfetto), ma essendo ugualmente situato in sua prossimità (avanti o indietro), il nostro occhio continua a leggere come puntiforme. È espresso da un valore che viene assegnato in funzione del formato in uso (in base, quindi, alla grandezza del negativo).
Quanto alla suddivisione 2/3-1/3 della profondità di campo tra lo sfondo ed il piano di messa a fuoco e tra questi e la pellicola, c'è da dire che è, per citare "I pirati dei Caraibi", "più che altro una traccia".
La perfetta suddivisione 2/3-1/3, infatti, si avrà ad una determinata distanza di messa a fuoco (media, diciamo), ma alle altre non sarà così precisa e tenderà ,ad esempio, a diventare 1/2-1/2 ad alti rapporti di riproduzione come in macro, o a tendere molto più "posteriormente" alle grandi distanze di ripresa.
Marcello
Willy985 ha scritto:Aggiungo umilmente all'ottimo intervento di silverprint che la profondità di campo si estende per un terzo verso di te, e per due terzi dietro al piano di messa a fuoco, e aggiungo una piccola immagine che forse renderà ancora meglio il concetto ;)
PS: non facciamo caso agli orribili pantaloni a pois del soggetto che rischierebbero di frantumare l'obiettivo!
Scusate se mi intrufolo nella discussione, ma la cosa mi incuriosisce. Ricordo in effetti quanto dice Willy, ovvero di questa diversa estensione della profondità di campo davanti e dietro il soggetto... Qualcuno saprebbe spiegarmi perchè ciò accade e perchè non è uguale sia davanti che dietro il soggetto?
In parole non povere ma poverissime... perchè gli oggetti vicini li vedi più grandi e gli oggetti lontani più piccoli, quindi avrai dei circoli di confusione più grandi verso di te e più piccoli dietro il soggetto... questa è una spiegazione come si dice dalle mie parti "pane e peperoni", molto sempliciotta, gli altri saranno sicuramente più tecnici Ovviamente, come detto da ryo, quella di 1/3 e 2/3 è una semplificazione ;)
Come ho scritto sopra, e come ti ha giustamente ribadito anche Willy, quella della suddivisione della PDC 1/3-2/3 è un falso mito; uno di quei concetti che continuano ad essere ripetuti, ma che non trovano fondamento nella realtà.
È un poco come se ti dicessi, avendo un pacchetto di caramelle in mano e tutta l'intenzione di finirmelo, che ne ho mangiate 5. Sarebbe vero, in quel momento, ma non lo sarebbe un attimo dopo e non lo sarebbe stato un istante prima. Chiedo scusa per l'esempio, ma a quest'ora non riesco a pensare a nulla di meglio.
Esiste certamente una distanza di messa a fuoco alla quale il rapporto è quello famoso, ma sarà il solo ed unico caso in cui si manifesta con quelle proporzioni.
Il perché della variabilità di questo rapporto è da ricercarsi nei differenti angoli di incidenza dei raggi luminosi che hanno origine nei punti presi in esame alle varie distanze.
Esistono formule per calcolare il tutto e queste sono 2 semplificate, ma funzionali:
Limite anteriore della PDC=
(H•D)/(H+D)
Limite posteriore della PDC=
(H•D)/(H-D)
Dove H è l'iperfocale e D la distanza di messa a fuoco.
L'iperfocale, che è quella distanza alla quale è possibile mettere a fuoco per ottenere una estensione della PDC da metà di quella distanza all'infinito, può essere influenzata dalla lunghezza focale, dal diaframma e dal circolo di confusione.
Si calcola con questa formula:
f al quadrato / (a•c)
f è la lunghezza focale
A il diaframma in uso
C il circolo di confusione del formato
Facendo i calcoli è facile osservare come mettendo a fuoco, nel formato 24x36, un 50mm a 60 metri ed impostando un diaframma di 1,4, si ottiene una PDC che spazia, circa, dai 30metri all'infinito. Se il rapporto fosse stato 1/3-2/3, invece, avrei dovuto avere a fuoco fino a 120m.
A distanze ridotte, invece, ponendo il caso dello stesso 50mm ad F1,4 ma a 50cm, si otterrà un rapporto giusto del 50% tra la suddivisione anteriore e posteriore della PDC (da 49,6 a 50,4cm) .
Marcello