A proposito: Vedo che avete citato ambedue Rothko.
Bè, Tano Festa (Roma 1938-88) riteneva che l'
arte è plagio, scriveva
"(...) credo che l'arte sia una specie di catena di S.Antonio che prende le mosse dai primi graffiti degli uomini primitivi sulle pareti delle caverne; solo che invece di scrivere lettere gli artisti rubano l'uno dall'altro, di padre in figlio, di generazione in generazione. E il loro furto è trionfalmente legalizzato, onorato e mercificato in soldi dalla società civile".
Non vorrei dire, ma così facendo delegittima tutta la storia delle arti figurative e la storia della musica dell'Occidente. Tutta.
Motivo?
Chi viene dopo, viene in qualche modo senz'ombra di dubbio influenzato da ciò che è stato fatto prima di lui, nel caso l'abbia visto (o ascoltato).
embé ??
Antonello da Messina quando fu a Napoli ebbe modo di vedere la pittura fiamminga di quegli anni; c'erano pittori fiamminghi alla corte degli angioini, e ritratti di quella scuola nelle collezioni reali. Ne può aver tratto elementi di giudizio, ispirazione, formazione estetica?
Direi che ci possiamo contare.
Lo si sarebbe dovuto rinchiudere in una stanza dall'età di tre anni ricevendo cibo e acqua dall'esterno col divieto di osservare altro dalla finestra che non fosse il cielo, a garantire che il prodotto della sua creatività non potesse mai copiare o ispirarsi inconsciamente ad alcuno? E perché mai?
Questo gli ha forse impedito di evolvere una
SUA poetica originale, una sua maniera di integrare nel proprio talento il prodotto di quello degli altri? (alzo la cornetta in diretta) Mi dicono dalla regia di no, che
c'è riuscito benissimo...
Chopin era un profondo non solo conoscitore, ma sfegatato ammiratore dell'opera di JS Bach. Gli eruditi riconoscono alcune sfumature di tecnica compositiva squisitamente barocca negli
Studi, nei
Preludi, in alcuni passaggi dei
Concerti per pianoforte e orchestra.
Ancora: romantico per romantico, dopo massimo due minuti di ascolto, se non sei proprio una zappa riconosci immediatamente se stai sentendo Chopin o Schumann, non solo distingui Chopin da Mozart. Due minuti, ovviamente se si tratta di brani che non conosci. Eppure son tutti e due figli della stessa epoca e movimento culturale, erano coevi (fra il 1809 e il 1811 nacquero loro due, Mendelsshon e Liszt)... vedevano il mondo e la storia un po' dallo stesso punto di vista, come i due uomini in fondo al sentiero assorti davanti al tramonto di Caspar David Dietrich
.
Adesso, molto più facilmente l'artista vede ciò che è stato fatto prima di lui: la diffusione di immagini e suoni è sommamente facilitata dal mezzo informatico,
bla, bla, bla, bla. Mi è
venuto in mente Tano Festa, perché ad esempio al Macro di Roma c'è proprio un
Omaggio a Rothko, del 1962. L'ho fotografato - ancora mi ricordo in condizioni di grande scomodità operativa (non si poteva muovere dalla posizione in cui era, infelicissima per piazzare stativi e lampade) - per
AL MACRO: entro ed oltre l'opera (Palombi Editore, Roma 2007, in coll. con Associazione MUSEUM... quando era direttore il vulcanico Danilo Eccher). Questo:
.
(DISCLAIMER per i mod: A parte Dietrich che è da Wikimedia Commons, gli altri scatti a pagine del libro col telefono... posso riprodurli qui o altrove senza problemi perché tutte le foto della pubblicazione meno una sono mie = ne mantengo la proprietà letteraria e con essa i diritti di utilizzo a fini antologici purché non di lucro, nessun rischio di contestazioni)
Quattro campiture su tavola in tre colori, prima incorniciate in legno naturale
(si vedono bene nella foto originale i tagli a 45° agli angoli dei listelli di ogni singola cornice) poi tutte composte e assemblate permanentemente su un supporto.
Lo trovo gradevole visivamente? ... ma sì, certo. Mi suscita in qualche modo una reale emozione di qualche tipo, mi stimola suggestioni, evoca ricordi lontani, smuove qualcosa, percepisco, qui, una poetica sincera ed originale che vada oltre una ragionata ricerca di accostamenti cromatici? Onestamente no.
Nada. Nisba. Se esattamente di quella fattura fossero stati realizzati, composti proprio così, proporzione e colori, i frontalini dei cassetti sulla parte di base di una cucina componibile di grande marca, di quelle costosissime che vanno nelle case dei benestanti ristrutturate con la direzione di un architetto bravo, l'avrei trovata originale ed elegante.
Ma siamo a livello di complementi d'arredo di buonissimo effetto grafico, esattamente come in cuor mio vivo, per citare un'altra opera al MACRO di Roma (nell'ex fabbrica di birra Peroni), una delle
tele estroflesse di Castellani.
.
...io quest'oggetto

lo immagino in un salone un po' grande, col pavimento ricoperto di un compatto
bouclé di moquette grigio antracite; appoggiato sulla parete di fondo, ci vedo un divano a forte sviluppo orizzontale, di linee essenziali, rigorose, un filo algide e molto
Bauhaus, foderato in tela a maglia ruvida color vinaccia. La parete è tinta con una lavabile opaca color grigio elefante, nettamente più chiara della moquette a terra, ma sulla quale ovviamente stacca benissimo la Superficie bianca (1997) di Castellani. Non ho ancora deciso se la bassa zoccolatura alla base della parete stia meglio "mimetizzata", in tinta con la parete, o del tono del divano, bianca direi di no.
Se stessi in una ristrutturazione impostando un MIO salone, e mi capitasse quella tela, a cinquecento euro, to', pure ottocento, ma sì, se in quel momento "sono un po' in grana" pure mille, la attaccherei in una posizione a mio gusto ben composta
(non necessariamente centrata, seguirei sul momento l'uzzolo compositivo che mi agisse) sopra il divano. Anzi: siccome come opera creativa grafica mi piace molto, comporrei forme e colori come ho appena scritto. AH!! Dimenticavo:
la ruoterei in orizzontale, mi si impagina meglio sulla parete del salone. (Scena: una torma di critici colla evve moscia che sembrano usciti da un racconto di Achille Campanile o Jerome K. Jerome... a questo punto scappa urlando e strappandosi disperati i capelli di fronte a cotanta mia barbarie
).
Quanto vale una tela estroflessa di Enrico Castellani sul mercato, nella realtà? Beh, il record (2014, e lui era ancora vivo!!!) è di 5 MILIONI di euro.
Ed ecco che allora, appena finito di affermare che
le sue tele estroflesse mi piacciono, la mia reazione è, orgogliosamente,
.
Penso peraltro che Tano Festa abbia inteso "prendermi in giro" generando astutamente le basi visive di una complessa
superzcazzola di qualche critico d'arte, piena di
latinorum (cfr. Manzoni), come certe che ho letto che facevano pensare al Maximiliano Fuffas di Crozza... per fare in modo che in base a quella narrazione qualche riccone lo pagasse una cifra scandalosa e se lo mettesse in salotto?
No, non ho motivi per dirlo, poi Festa è uno che ha avuto una vitaccia sofferta e tormentata, è morto giovane, non era ASSOLUTAMENTE una
artistar paracula (
mi scusino le signore) capace di galleggiare nelle gallerie che contavano. Anzi. Perciò massimo rispetto. E massimo rispetto per chiunque faccia ricerca e segua un suo percorso. Basta che non si pretenda che io debba sempre e comunque considerare la ricerca riuscita... sulla base del valore di aggiudicazione all'
Hôtel Drouot, figlio spesso più delle supercazzole di tanti, tanti
Guidobaldo Maria Riccardelli che di quanto fosse profondo e rivoluzionario ciò che aveva da dire l'Autore...
Per cui ad esempio di Rothko mi lascia
alla fine una sensazione più durevole questo, e le altre serie dedicate alle
Subway di New York
.
e, per favore, non ditemi che è perché
siccome ancora relativamente figurativo è meno distante dal mio condizionamento retinico...
PS/ 1) quanto sopra detto relativamento all'astratto e all'arte concettuale, non vale - per me - però - se penso alle composizioni di Mondrian, che invece sì, che mi suscitano qualcosa, fanno suonare corde agli estremi della tastiera, come quando facevo una sessione di arrampicata "mi fanno dolere muscoletti che nemmeno sapevo di avere"...
2)
"... emmammasanta, possibile che quella volta al MACRO non ti sia piaciuto veramente qualcosa, che ti saresti portato a casa come opera d'arte, al di là della prospettiva di "risolverci" la parete sopra il divano?"
Certo che sì, la
Maternità del '64 di Pino Pascali (Bari 1935-Roma 1968), un artista ispirato e sensibile, che, come gli altri, ha fatto ricerca quanto a tecniche espressive, materiali, temi. Ma che sento in ogni sua opera 100% genuino, 0%
paraculo (quando ce vo, ce vo').
"Piantai la grana" con successo perché una sua inquadratura parziale, sfumata a perdersi in un fondo grigio pastello, fosse sfondo della copertina.
.
3) spero ardentemente di aver fatto arrabbiare almeno un po', in un modo o nell'altro, tutti
