Gastel e Depardon alla triennale di Milano
Inviato: 13/02/2022, 23:42
Oggi domenica dedicata alla fotografia seria, quella d'autore, con ben due mostre da andare a vedere alla triennale di Milano : "The People I Like" di Giovanni Gastel e "La Vita Moderna" di Raymon Depardon.
Spoilero subito che, forse forse sarebbe stato meglio fossi rimasto a stampare in camera oscura e risparmiare 'sti 16 euro del biglietto comulativo...
La mostra di Gastel l'ho trovata... orrenda. Non entro nel merito della critica artistica e del soggetto che non sono capace, che poi su certe tematiche ho proprio un limite mio a causa dei pregiudizi ideologici che non mi permettono un giudizio minimamente obbiettivo, per cui evito. Le stampe erano tutte ritratti, la stragrande maggioranza tagliati al collo, quindi con faccioni spalmati su superifici superiori al metro quadro per quasi tutti i soggetti. Tutte ink-jet su carta opaca con abbondante bordo bianco della stessa carta da stampa e incorniciate con una sottile profilo metallico satinato senza passpartout ne vetro. Post-produzione a palla e anche di più, che anche io che sono un cane con fotosciop facevo di meglio; tutta l'estetica era orientata al più becero mainstream, vignettatura come se non ci fosse un domani, maschera di contrasto talmente fastidiosa da risultare ridicola con peli e pori che schizzavano fuori dall'immagine, contrasti parossistici con bianchi gessati e nero sempre senza dettagli. Ottima invece l'illuminazione e l'allestimento.
Raymond Depardon è un fotografo che seguivo da ragazzo ed ero curioso di vedere questa mostra fuori dalle tematiche del fotoreporter della agenzia gamma che avevo apprezzato in gioventù. La mostra è grande, con molte stampe, l'allestimento impeccabile, con una serie di gigantografie VERE da negativi 6x9 alte quasi 5 metri (una da delta 3200 dove non si vedeva la grana!!! Ma chi gli ha fatto le scansioni!) che arredavano lo spazio della mostra divisa in capitoli e che esse stesse formavano a loro volta uno dei capitoli. Qui la qualità delle stampe era decisamente di un altro livello rispetto a Gastel; BN eccellente, probabilmente misto parte ink-jet parte argento, cornici con pass e vetro quando richiesto, niente pass e cornici in metallo grezzo con saldature e molature in vista per altri soggetti, tutte relativamente piccole, dal 30x40 al 50x60, tranne una serie di una quarantina di stampe a colori da negativo 8*10 stampate a più di un metro per lato veramente ben fatte (con forse qualche accenno di eccessiva enfasi della nitidezza). L'illuminazione era praticamente perfetta. L'unica pecca, a mio avviso, i soggetti, paesaggi urbani o rurali che mi hanno detto poco, racconti di vita contadina che lasciavano la sensazione del già visto, anche il reportage sugli ospedali psichiatrici, pur nella tragicità del tema gli stilemi erano i soliti, ma almeno qui la forma dava ampia soddisfazione. Comunque non è da escludere che sono io a non riuscire ad arrivare a più di tanto...
Una nota generale: il nero. In entrambe le mostre il nero, nelle stampe, era onnipresente, pesante, corposo, ricco, fondo, spesso illegibile (nel senso senza dettaglio), e ingombrante; stomachevole come masticare un panetto di burro nelle immagini di Gastel, più sobrio e raffinato nelle stampe di Depardon, ma comunque sempre tanto, quasi a sopperire con un leggero eccesso di forma un contenuto un po' leggerino.
Forse sarà stata anche la stanchezza per un eccessiva carenza di sonno ma sono uscito dal palazzo della triennale quasi sollevato di ritornare finalmente a casa, disturbato dalla prima mostra e un po' annoiato dalla seconda.
Spoilero subito che, forse forse sarebbe stato meglio fossi rimasto a stampare in camera oscura e risparmiare 'sti 16 euro del biglietto comulativo...
La mostra di Gastel l'ho trovata... orrenda. Non entro nel merito della critica artistica e del soggetto che non sono capace, che poi su certe tematiche ho proprio un limite mio a causa dei pregiudizi ideologici che non mi permettono un giudizio minimamente obbiettivo, per cui evito. Le stampe erano tutte ritratti, la stragrande maggioranza tagliati al collo, quindi con faccioni spalmati su superifici superiori al metro quadro per quasi tutti i soggetti. Tutte ink-jet su carta opaca con abbondante bordo bianco della stessa carta da stampa e incorniciate con una sottile profilo metallico satinato senza passpartout ne vetro. Post-produzione a palla e anche di più, che anche io che sono un cane con fotosciop facevo di meglio; tutta l'estetica era orientata al più becero mainstream, vignettatura come se non ci fosse un domani, maschera di contrasto talmente fastidiosa da risultare ridicola con peli e pori che schizzavano fuori dall'immagine, contrasti parossistici con bianchi gessati e nero sempre senza dettagli. Ottima invece l'illuminazione e l'allestimento.
Raymond Depardon è un fotografo che seguivo da ragazzo ed ero curioso di vedere questa mostra fuori dalle tematiche del fotoreporter della agenzia gamma che avevo apprezzato in gioventù. La mostra è grande, con molte stampe, l'allestimento impeccabile, con una serie di gigantografie VERE da negativi 6x9 alte quasi 5 metri (una da delta 3200 dove non si vedeva la grana!!! Ma chi gli ha fatto le scansioni!) che arredavano lo spazio della mostra divisa in capitoli e che esse stesse formavano a loro volta uno dei capitoli. Qui la qualità delle stampe era decisamente di un altro livello rispetto a Gastel; BN eccellente, probabilmente misto parte ink-jet parte argento, cornici con pass e vetro quando richiesto, niente pass e cornici in metallo grezzo con saldature e molature in vista per altri soggetti, tutte relativamente piccole, dal 30x40 al 50x60, tranne una serie di una quarantina di stampe a colori da negativo 8*10 stampate a più di un metro per lato veramente ben fatte (con forse qualche accenno di eccessiva enfasi della nitidezza). L'illuminazione era praticamente perfetta. L'unica pecca, a mio avviso, i soggetti, paesaggi urbani o rurali che mi hanno detto poco, racconti di vita contadina che lasciavano la sensazione del già visto, anche il reportage sugli ospedali psichiatrici, pur nella tragicità del tema gli stilemi erano i soliti, ma almeno qui la forma dava ampia soddisfazione. Comunque non è da escludere che sono io a non riuscire ad arrivare a più di tanto...
Una nota generale: il nero. In entrambe le mostre il nero, nelle stampe, era onnipresente, pesante, corposo, ricco, fondo, spesso illegibile (nel senso senza dettaglio), e ingombrante; stomachevole come masticare un panetto di burro nelle immagini di Gastel, più sobrio e raffinato nelle stampe di Depardon, ma comunque sempre tanto, quasi a sopperire con un leggero eccesso di forma un contenuto un po' leggerino.
Forse sarà stata anche la stanchezza per un eccessiva carenza di sonno ma sono uscito dal palazzo della triennale quasi sollevato di ritornare finalmente a casa, disturbato dalla prima mostra e un po' annoiato dalla seconda.