Grana
Inviato: 14/07/2019, 11:00
ANTEFATTO
Da un pezzo mi frullavano in testa le foto di Francesca Woodman e l'idea di provare ad ispirarsi ad un certo tipo di sua produzione per fare alcuni scatti era nell'aria.
Complice un passaggio ad Antella, un paesino nella provincia sud di Firenze dove la Francesca aveva abitato per un periodo della sua (breve) vita, ho deciso di rompere gli indugi.
Alzo il telefono e chiamo Elisa: dopo una breve spiegazione sul da farsi ci accordiamo e così sono nati gli scatti.
LA PELLICOLA
Le foto si sarebbero fatte direttamente a casa sua (quindi in interno) e la scelta della pellicola non poteva che essere ad alta sensibilità.
Qui il primo quesito: prendere una Kodak TMax e tirarla almeno ad 800asa oppure affidarsi alla Fuji Neopan 1600 scalandone la sensibilità effettiva?
Ho optato per la seconda ipotesi.
C'è purtroppo un ma.
Un ma lungo 3 anni.
Gli anni passati dalla data di scadenza di queste pellicole ormai fuori produzione da tempo (fuji maledetta... non finirò mai di infamarla. Ma questo è un altro discorso).
Ok, erano ben conservate e tutto ma... l'incertezza del risultato era alta.
Ho deciso quindi di impostare la macchina per 1000asa con una ulteriore sovraesposizione di 1/3 di stop.
Mi si potrebbe dire di esporre direttamente per 800asa e buona lì :roll:
Trattandosi di foto che prevedevano sia controluce (pieni) che scatti in luce diretta, la 'staratura' era funzionale alla rapidità di esecuzione.
LO SVILUPPO
Come trattare una pellicola scaduta da anni per trarne il meglio?
Eh, il primo passaggio è già stato fatto direttamente in fase di scatto: sovraesporla era obbligatorio.
Poi?
Poi ho adeguato lo sviluppo.
Uno sviluppo abbastanza energico che riesca a mantenere un buon livello di contrasto.
E poi c'è il velo.
Il maledetto velo.
Ho quindi deciso di usare il Kodak HC110 in diluizione B che mi avrebbe garantito comunque una preservazione del contrasto ed un buon effetto antivelo.
Lo scotto da pagare è la gestione delle alte luci presenti negli scatti in contro luce.
Me ne sono fregato.
Se controluce deve essere non me ne importava niente di avere dettagli anche lì.
LA STAMPA
Ad un primo sguardo sui provini a contatto non ho notato niente di particolare di cui tenere conto in fase di stampa.
C'erano un paio di scatti (su 108) persi per errori espositivi ma fortunatamente di poca rilevanza.
Lo spot della Nikon F5 non perdona: se leggi l'esposizione nel punto sbagliato... sono volatili per diabetici!!
La pellicola, nonostante tutti i trattamenti descritti sopra, presenta un minimo di velo.
Niente di ingestibile (infatti il contrasto è buono) ma solo un leggero innalzamento dei tempi di esposizione in stampa.
Decido di partire subito a bomba: un bel controluce pieno.
Viene fuori una grana molto presente nelle zone in ombra.
Data la vocazione 'sporca' di queste foto non me ne faccio un cruccio. Anzi.
C'è da dire che la grana non è né bella né fine ma risulta comunque abbastanza gradevole.
Ehm, non crocifiggetemi per la testa tagliata. Non sono diventato improvvisamente una Beatrix Kiddo. È colpa dello scanner che non va oltre una certa misura... la stampa ha anche tutta la parte alta della testa ed anzi anche un filo d'aria. :roll:
Tanto lo so che la testa l'avete vista solo dopo aver visto quello che c'è sotto ai tre reggicalze
.
Dalla stampa di lavoro le correzioni fatte sono pochissime: una leggera vignettatura nella parte bassa e sinistra, oltre ad un paio di secondi ulteriori di esposizione sul baule e sulle ante dell'armadio: mi servivano per far venir fuori un po' di trama.
CONCLUSIONI
Cosa ne vien fuori?
Mi sono fatto l'idea che pellicole così sensibili e vecchie, tengono botta ma solo in determinate condizioni.
Diciamo che pur con tutte le cure del caso i controluce mettono la Fuji alle corde.
Poco male data la natura degli scatti, ma in altri frangenti potrebbe essere un bel problema da gestire.
In luce diretta, invece, non ci sono grossi problemi di sorta.
La grana è ben visibile ma bella, fine, ordinata.
Da un pezzo mi frullavano in testa le foto di Francesca Woodman e l'idea di provare ad ispirarsi ad un certo tipo di sua produzione per fare alcuni scatti era nell'aria.
Complice un passaggio ad Antella, un paesino nella provincia sud di Firenze dove la Francesca aveva abitato per un periodo della sua (breve) vita, ho deciso di rompere gli indugi.
Alzo il telefono e chiamo Elisa: dopo una breve spiegazione sul da farsi ci accordiamo e così sono nati gli scatti.
LA PELLICOLA
Le foto si sarebbero fatte direttamente a casa sua (quindi in interno) e la scelta della pellicola non poteva che essere ad alta sensibilità.
Qui il primo quesito: prendere una Kodak TMax e tirarla almeno ad 800asa oppure affidarsi alla Fuji Neopan 1600 scalandone la sensibilità effettiva?
Ho optato per la seconda ipotesi.
C'è purtroppo un ma.
Un ma lungo 3 anni.
Gli anni passati dalla data di scadenza di queste pellicole ormai fuori produzione da tempo (fuji maledetta... non finirò mai di infamarla. Ma questo è un altro discorso).
Ok, erano ben conservate e tutto ma... l'incertezza del risultato era alta.
Ho deciso quindi di impostare la macchina per 1000asa con una ulteriore sovraesposizione di 1/3 di stop.
Mi si potrebbe dire di esporre direttamente per 800asa e buona lì :roll:
Trattandosi di foto che prevedevano sia controluce (pieni) che scatti in luce diretta, la 'staratura' era funzionale alla rapidità di esecuzione.
LO SVILUPPO
Come trattare una pellicola scaduta da anni per trarne il meglio?
Eh, il primo passaggio è già stato fatto direttamente in fase di scatto: sovraesporla era obbligatorio.
Poi?
Poi ho adeguato lo sviluppo.
Uno sviluppo abbastanza energico che riesca a mantenere un buon livello di contrasto.
E poi c'è il velo.
Il maledetto velo.
Ho quindi deciso di usare il Kodak HC110 in diluizione B che mi avrebbe garantito comunque una preservazione del contrasto ed un buon effetto antivelo.
Lo scotto da pagare è la gestione delle alte luci presenti negli scatti in contro luce.
Me ne sono fregato.
Se controluce deve essere non me ne importava niente di avere dettagli anche lì.
LA STAMPA
Ad un primo sguardo sui provini a contatto non ho notato niente di particolare di cui tenere conto in fase di stampa.
C'erano un paio di scatti (su 108) persi per errori espositivi ma fortunatamente di poca rilevanza.
Lo spot della Nikon F5 non perdona: se leggi l'esposizione nel punto sbagliato... sono volatili per diabetici!!
La pellicola, nonostante tutti i trattamenti descritti sopra, presenta un minimo di velo.
Niente di ingestibile (infatti il contrasto è buono) ma solo un leggero innalzamento dei tempi di esposizione in stampa.
Decido di partire subito a bomba: un bel controluce pieno.
Viene fuori una grana molto presente nelle zone in ombra.
Data la vocazione 'sporca' di queste foto non me ne faccio un cruccio. Anzi.
C'è da dire che la grana non è né bella né fine ma risulta comunque abbastanza gradevole.
Ehm, non crocifiggetemi per la testa tagliata. Non sono diventato improvvisamente una Beatrix Kiddo. È colpa dello scanner che non va oltre una certa misura... la stampa ha anche tutta la parte alta della testa ed anzi anche un filo d'aria. :roll:
Tanto lo so che la testa l'avete vista solo dopo aver visto quello che c'è sotto ai tre reggicalze
Dalla stampa di lavoro le correzioni fatte sono pochissime: una leggera vignettatura nella parte bassa e sinistra, oltre ad un paio di secondi ulteriori di esposizione sul baule e sulle ante dell'armadio: mi servivano per far venir fuori un po' di trama.
CONCLUSIONI
Cosa ne vien fuori?
Mi sono fatto l'idea che pellicole così sensibili e vecchie, tengono botta ma solo in determinate condizioni.
Diciamo che pur con tutte le cure del caso i controluce mettono la Fuji alle corde.
Poco male data la natura degli scatti, ma in altri frangenti potrebbe essere un bel problema da gestire.
In luce diretta, invece, non ci sono grossi problemi di sorta.
La grana è ben visibile ma bella, fine, ordinata.