D'accordissimo!isos1977 ha scritto:Anche a me è capitata questa sensazione...e di evitare di scattare una foto. In generale, di fronte a un mendicante, faccio fatica a rimanere indifferente..._albe_ ha scritto:Questo thread mi è tornato in mente durante il mio ultimo viaggio di lavoro all'estero (con macchina fotografica al seguito, ovviamente... ;) )... quartiere ricco, vado in cerca di "contraddizioni" da immortalare... gira e rigira mi imbatto in un clochard accampato nella rientranza di uno stabile superlusso... ecco l'immagine che cercavo! Impugno la macchina, faccio per portarla all'altezza del viso e... non ce la faccio! Quell'uomo ha già provato sulla sua pelle quanto sia dura la vita, il peso del mio obiettivo puntato dritto addosso, almeno quello, glielo posso risparmiare... Lo scatto è rimasto, indelebile, nella mia mente.
Ma scattare una foto o meno non è solo questione di sensibilità... secondo me dipende molto dal motivo per cui scatti in quel momento... Se si punta solo a fare una foto "d'effetto", secondo me, è meglio evitare di usare le disgrazie altrui per fare una "bella" (?) foto... se invece c'è una motivazione più nobile, ci può stare.. ad esempio, un lavoro di denuncia sulle disuguaglianze sociali, un lavoro sulla solidarietà dei volontari che lavorano nei centri di accoglienza.. ecc.. beh in questi casi la stessa foto potrebbe diventare "scattabile" a condizione che venga rispettata la dignità del soggetto
Non Fotografare
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Re: Non Fotografare
Le prime 10.000 fotografie sono le peggiori.
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Carl Zeiss Sonnar 135 mm f2,8
Yashica Mat 124 G
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Re: Non Fotografare
Concordo.isos1977 ha scritto:se invece c'è una motivazione più nobile, ci può stare.. ad esempio, un lavoro di denuncia sulle disuguaglianze sociali, un lavoro sulla solidarietà dei volontari che lavorano nei centri di accoglienza.. ecc.. beh in questi casi la stessa foto potrebbe diventare "scattabile" a condizione che venga rispettata la dignità del soggetto
Ma potrebbe anche essere una scelta più artistica: fotografo quella situazione per rappresentare come mi sento dentro.
E' il caso, direi, di "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" di Giacomelli. Da quello che ho letto, questo lavoro fatto nell'ospizio non è tanto di denuncia sociale; quanto di espressione del proprio mondo interiore, del proprio disagio, delle proprie ossessioni (il titolo dice tutto).
Chiaro che in questi casi è determinante l'onestà di chi fotografa. Giacomelli in quell'ospizio ci passò un anno senza quasi scattare... e poi tanto e tanto tempo ancora... insomma la sua era una compassione ma nel vero senso latino del termine (patire con).
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Re: Non Fotografare
Sinceramente alcune risposte mi hanno fatto sorridere pensando ad alcune situazione che ho vissuto, chi critica foto del genere non faccia un viaggio in India o altri paesi del terzo mondo o almeno non porti la fotocamera perché la porterebbe solo a prendere polvere.
C'è un sistema per fare la cosa giusta e avere la coscienza a posto: chiedere.
Non si perdono scatti, non si scattano foto indesiderate, non ci si fa inutili menate come mi pare molti di voi, con tutto il rispetto, si fanno.
C'è un sistema per fare la cosa giusta e avere la coscienza a posto: chiedere.
Non si perdono scatti, non si scattano foto indesiderate, non ci si fa inutili menate come mi pare molti di voi, con tutto il rispetto, si fanno.
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Re: Non Fotografare
penso che la poesia di Ando Gilardi sia più un consiglio personale che un messaggio etico morale. Indubbiamente l'oggetto di un immagine fotografata rimane dentro di noi, ci segna, e rimuoverla come cosa indesiderata potrebbe essere più difficile con un documento concreto sempre accessibile(la foto in sé). Meglio rivolgere il nostro sguardo a soggetti 'buoni e sani' e fermarli sulle nostre pellicole o sensori. Magari rivederli ci alleggerisce il cuore e nei momenti tristi ci fa star meglio...
questa è la mia opinione.
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Re: Non Fotografare
A me piace molto Gilardi, ma amava il paradosso ed ogni tanto diventa difficile da digerire.
Io condivido il suo "non fotografare"; lo condivido alla luce dei suoi scritti e delle sue idee. Estrapolato in effetti suona un po' perentorio e forse privo di basi... ed è una buona occasione per invitare chi non l'avesse ancora fatto alla lettura del suo "Storia sociale della fotografia". ;)
Io condivido il suo "non fotografare"; lo condivido alla luce dei suoi scritti e delle sue idee. Estrapolato in effetti suona un po' perentorio e forse privo di basi... ed è una buona occasione per invitare chi non l'avesse ancora fatto alla lettura del suo "Storia sociale della fotografia". ;)
Re: Non Fotografare
... già tra i miei obbiettivi... ma ultimamente chi mi vuol bene odia la mia voglia di acculturamento il tempo che mi ruba.Silverprint ha scritto:A me piace molto Gilardi, ma amava il paradosso ed ogni tanto diventa difficile da digerire.
Io condivido il suo "non fotografare"; lo condivido alla luce dei suoi scritti e delle sue idee. Estrapolato in effetti suona un po' perentorio e forse privo di basi... ed è una buona occasione per invitare chi non l'avesse ancora fatto alla lettura del suo "Storia sociale della fotografia". ;)
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Re: Non Fotografare
Ciao Guerié, prova allora "Meglio ladro che fotografo" (Bruno Mondadori, 2007), sempre del buon Ando.
E' un'intrervista, decisamente meno ostica della "Storia sociale della fotografia". Lo stile è sempre, come dice Andrea, votato al paradosso ma si digerisce meglio. D'altronde il paradosso è una figura retorica che spesso nasconde una attenta visione del fluire degli eventi.
Al lettore gustare le acrobazie mentali invece di sorbirsi un'analisi che sarebbe noiosa se condotta in modo accademico.
Marco
E' un'intrervista, decisamente meno ostica della "Storia sociale della fotografia". Lo stile è sempre, come dice Andrea, votato al paradosso ma si digerisce meglio. D'altronde il paradosso è una figura retorica che spesso nasconde una attenta visione del fluire degli eventi.
Al lettore gustare le acrobazie mentali invece di sorbirsi un'analisi che sarebbe noiosa se condotta in modo accademico.
Marco
Re: Non Fotografare
grazie Marco .... ma ho già prenotato Storia sociale della fotografia... avendo letto La storia sociale dell'arte dell' Hauser circa ventanni fa mi potrà aiutare?marco1962 ha scritto:Ciao Guerié, prova allora "Meglio ladro che fotografo" (Bruno Mondadori, 2007), sempre del buon Ando.
E' un'intrervista, decisamente meno ostica della "Storia sociale della fotografia". Lo stile è sempre, come dice Andrea, votato al paradosso ma si digerisce meglio. D'altronde il paradosso è una figura retorica che spesso nasconde una attenta visione del fluire degli eventi.
Al lettore gustare le acrobazie mentali invece di sorbirsi un'analisi che sarebbe noiosa se condotta in modo accademico.
Marco
marco guerriero
Re: Non Fotografare
Non credo, la "Storia sociale dell'arte" di Arnold Hauser è sicuramente un testo valido e di ampio respiro ma dedica poco spazio alla fotografia, giusto l'ultimo capitolo e neanche tutto.
La tesi di fondo di Gilardi è che la storia della fotografia sta alla storia dell'uomo come la storia contemporanea alla preistoria. Niente è più come prima dopo il 7 gennaio 1839, tesi ripetuta un'infinità di volte nello spazio delle recensioni che Ando teneva su "Progresso Fotografico".
Buona lettura.
Marco
La tesi di fondo di Gilardi è che la storia della fotografia sta alla storia dell'uomo come la storia contemporanea alla preistoria. Niente è più come prima dopo il 7 gennaio 1839, tesi ripetuta un'infinità di volte nello spazio delle recensioni che Ando teneva su "Progresso Fotografico".
Buona lettura.
Marco
Re: Non Fotografare
Meglio rivolgere il nostro sguardo a soggetti 'buoni e sani'.. beh, è un po' ipocrita non credi?guerié ha scritto:penso che la poesia di Ando Gilardi sia più un consiglio personale che un messaggio etico morale. Indubbiamente l'oggetto di un immagine fotografata rimane dentro di noi, ci segna, e rimuoverla come cosa indesiderata potrebbe essere più difficile con un documento concreto sempre accessibile(la foto in sé). Meglio rivolgere il nostro sguardo a soggetti 'buoni e sani' e fermarli sulle nostre pellicole o sensori. Magari rivederli ci alleggerisce il cuore e nei momenti tristi ci fa star meglio...
questa è la mia opinione.
Ci sono persone che soffrono con l'unica colpa di essere nati nel posto sbagliato e secondo la tua opinione bisognerebbe ignorarli?
Complimenti per la tua sensibilità! A volte per "guardare" ci vuole più coraggio che per voltarsi dall'altra parte e bisogna avere la forza di farlo, questa è la mia opinione.
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