ripesco questo argomento perché ho provato la tecnica del negativo digitale, sia con Pictorico sia con Ferrania, stampati poi su Ilford MG FB.
Per ottenere una curva di correzione (diversa a seconda della marca dell'acetato) che si adatti alla risposta chimica della carta, e quindi una stampa molto fedele all'immagine sul monitor, ci ho messo qualche mese e un'infinità di tentativi. Ogni cambiamento anche solo di un valore numerico di un punto della curva ha conseguenze visibili sui rapporti tonali della stampa di quella zona (più o meno ampia), quindi il processo è molto sensibile. In particolare, le alte luci e le ombre profonde sono molto critiche.
Lasciando da parte la "filosofia" dietro a tale procedura e restando su un piano tecnico, ho riflettuto sulle osservazioni di chromemax, riferite al platino/palladio ma credo applicabili anche ai sali d'argento:
Io ho notato due cose: la prima è che il negativo digitale può contenere molte informazioni agli estremi dell'istogramma che superano la capacità della carta (Ilford in questo caso) di renderle, e quindi la scala tonale va compressa per non avere perdita di dettagli nelle luci (il nero pieno si controlla col tempo di esposizione); la seconda è che la carta fotografica è in grado di rendere variazioni di grigio totalmente invisibili a occhio nudo sul negativo digitale, che addirittura presentano un identico valore misurato con Photoshop in 8 bit, cioè sulla scala da 0 a 255, ma che ovviamente non sono identiche se misurate in 16 bit (0-65535).chromemax ha scritto: [...] è l'anello più debole che fa la forza della catena e a prescindere dal supporto di stampa quello che si riesce ad ottenere è solo quello che può dare la stampante e il file digitale; insomma in termini di qualità usare il platino/palladio non dà niente di più di quello che si può ottenere da una buona carta di stampa ink-jet
[...]
la stampa al platino/palladio è rinomata per l'elevata estensione tonale che può riprodurre mentre un "negativo digitale" è limitato nella sua estensione tonale dalla capacità dell'accoppiata supporto/stampante/rip che è sostanzialmente la stessa sia che si stampi su supporto cartaceo che su Pictorico o simili. Non vedo quindi vantaggi qualitativi nello stampare un file digitale su pt/pl rispetto che a stamparlo sulle carte Epson e simili [...]
Forse la trasparenza aiuta nel distinguere toni che per riflessione, su una stampa digitale, non si distinguerebbero?
In ogni caso per queste ragioni credo che la stampa digitale su acetato trasparente non sia l'anello debole, anzi. E che quindi il processo stia in piedi se si desidera trasporre un'immagine digitale su carta baritata, per ritrovare la profondità e lo spessore (dell'emulsione) che nessuna distesa di inchiostro a mio avviso può ancora eguagliare.
Ma forse tutto questo discorso vale solo per i sali d'argento e non per il platino/palladio!