ometto ha scritto: ↑16/10/2022, 17:52
Tuttavia piacerrebbe anche a me che ci fossero anche degli utenti che condividono delle fotografie x essere criticate (nel senso buono e costruttivo del termine ) per quel che riguarda il linguaggio, l'estetica, la grammatica dell'immagine. Questo perchè, una volta che si sono acquisite le competenze tecniche neccessarie a "veicolare " il messaggio che si ha in mente, bisognerà poi espremersi, appunto attraverso il linguaggio fotografico. In fin dei conti, l'utente finale che quarda la stampa, credo interessi più "quello che il fotografo voleva dire" anzichè capire se quel negativo sia stato sviluppato in rodinal o D76, oppure se la macchina era una Rollei oppure una Pentax. Naturalmnete rispettando tutti i canoni di raffinatezza e buon gusto che caratteriscono le fotografie riuscite.
Un Saluto a tutti, amo questo forum!
Era la filosofia della scuola di fotografia che ho frequentato io a Berlino. Qualche lezione tecnica sull'uso delle luci e sulla camera oscura (era una scuola destinata a chi già aveva buone basi tecniche di scatto e postproduzione), chiavi della scuola in mano agli studenti a qualsiasi ora del giorno e della notte per poi sperimentare e imparare insieme ai più esperti la camera oscura, la stampa digitale, la fotografia di studio, ma il 90% delle lezioni vere e proprie erano: ognuno porti una serie di foto, analogiche o digitali che siano, vanno bene anche stampate 10x15cm da DM (a Berlino da DM ci sono le macchinette per stampare le foto a circa 10 centesimi l'una), le sparpagliamo sul tavolo e ne parliamo per 8 ore tutti insieme. Si parlava solo di perché hai scattato quella foto, cosa volevi dire, come si poteva collegare alle altre per raccontare una storia o costruire una serie coerente. Ognuno commentava le foto degli altri, si cercava di individuare lo stile di ognuno, e così via. Uno dei docenti quasi si arrabbiava se si portava solo una foto e non una serie, per spronarci a pensare per progetti che potessero raccontare qualcosa e non solo a una foto carina o alla perfetta stampa analogica dell'ennesimo ritratto di una ragazza con la scollatura ampia (questo è un argomento che mi sta molto a cuore
). Alla fine di ogni giornata avevamo imparato tantissimo - e da allora scatto molto, molto meno, perché mi fermo a chiedermi: "cosa aggiunge questa foto al mondo? racconta qualcosa di me?" e spesso le risposte sono "niente" e "no"
Gli aspetti tecnici venivano commentati più approfonditamente magari per quelle foto che avremmo dovuto stampare ed esporre nelle mostre, o nelle lezioni subito successive a quelle pratiche, o ancora se qualcuno presentava fotografie di un genere dove la pulizia e la perfezione tecnica sono d'obbligo e c'era qualcosa da migliorare. L'ho apprezzato molto, perché per gli aspetti tecnici ci sono tantissime risorse, ma confrontarsi sugli altri aspetti comunicativi, ma anche sociali (decolonizzazione dell'arte, etica fotografica, oggettificazione della donna, resistere al "poverty porn" ecc.) sia con persone più esperte che con gli altri studenti provenienti da tutto il mondo (Europa ma anche Giappone, Messico, Ecuador), è una cosa che raramente capita di poter fare, soprattutto in modo così intensivo. Scatto molto più in analogico adesso proprio per i freni che mi autoimpongo rispetto al senso delle foto. In analogico penso anche solo al piacere di stampare poi in camera oscura, mentre in digitale (anche se io sono del partito che è meraviglioso anche quello, e postprodurre e stampare una fotografia digitale può richiedere lo stesso tempo e la stessa cura di una stampa analogica) mi serve una motivazione molto più forte per decidere di produrre una fotografia - esattamente l'opposto della classica idea! Non so se sono spunti che qualcuno condivide, chiedo scusa in anticipo a chi si è inorridito all'idea delle stampine da 15 centesimo sparse sul tavolo