Bravo, molto interessante.pn83 ha scritto:Scrivo questo post, o meglio apro questo thread, per scrivere un po’ della mia recente esperienza di stampa lith.
Premesso che:
- Non sono esperto di questa tecnica, ho studiato tutto quello che ho potuto mentre ero in montagna;
- Stampo da 1 anno e mezzo, da 1 mese con carta baritata
- Non ho a disposizione i libri di Tim Rudman, noto divulgatore e studioso di questo tipo di procedimento, ma ho visto qualche suo video su YouTube
- Mi interessa questa tecnica perché mi piace molto lo stile delle foto di inizio ‘900 (il pittorialismo alla fine torna sempre )
… penso comunque che possa essere utile condividere i miei primi, modesti risultati, a beneficio di chi è interessato. In questo forum scrivono anche persone molto competenti e quindi auspico che si possa, anche in questo caso, esplorare un tema con rigore e precisione difficilmente reperibili altrove in rete.
Tutto nasce ad inizio estate quando ho acquistato un libro della Taschen chiamato “Camera Work” che pubblica un bel po’ di scatti presi dalle riviste curate all’epoca da Stieglitz. Ecco allora che mi sono chiesto: come ottenere questo tipo di trattamento in camera oscura senza intossicarmi troppo o comunque con tecniche che siano adatte al mio livello?
Allora, cercando un po', mi sono imbattuto nel termine “lith”, e qui è cominciata l’avventura.
Nelle mie ricerche in rete su questa tecnica ho trovato anche il PDF di [mention]chromemax[/mention] (trovate tutto qui: https://blog.analogica.it/analogica-it/ ... ampa-lith/) che mi è sembrato molto chiaro e interessante e che invito a leggere per capire che cosa è la stampa lith, quali principi ha alla base e un po’ di consigli pratici. L'articolo non è recente, quindi se l'autore ha maturato nuove consapevolezze sul tema naturalmente potrà parlarne qua. Io qui mi limiterò a dire che cosa ho fatto e a mostrare qualche foto fatta alle stampe. Sono foto fatte col cellulare, ma in sostanza rendono l’idea (forse sono un po' più contrastate della realtà).
A. Lo sviluppo
Esistono vari sviluppatori Lith in commercio, come il Moersch EasyLith, ma il loro reperimento richiede spesso una spedizione internazionale per quantità che poi non sono così generose. A questo link (https://unblinkingeye.com/Articles/LithDev/lithdev.html) si possono trovare però molte formule di pubblico dominio realizzabili (in teoria) in casa. Molti di questi sviluppi però contengono paraformaldeide (secondo alcuni sostituibili da acetone, ma secondo altri no…) che è una sostanza molto pericolosa. Ci sono però anche sviluppi come l’ANSCO70 (noto anche come ID13) o l’ANSCO81 che ne sono privi. Mi sono procurato i chimici puri per l’ANSCO70 e ho ottenuto le soluzioni A e B in pochi minuti, senza alcuna difficoltà.
La diluizione per la soluzione di lavoro è molto “libera”, nel senso che a parte una indicazione di base, si viene incoraggiati a provare diluizioni diverse per provare una vasta gamma di rese differenti. Spesso la soluzione di sviluppo è divisa in 2 parti (A e B), come nel mio caso, per cui anche il rapporto tra queste due componenti può diventare una variabile su cui fare sperimentazione.
In ogni caso consiglio di leggere o il PDF di [mention]chromemax[/mention] o altri documenti a riguardo per rendersi conto di alcune cose che per comodità sintetizzo qua:
- La soluzione di lavoro tipicamente ha vita molto corta
- Assenza o scarsità di antiossidanti partecipano all’accorciamento della vita, ma sono fondamentali per generare quei prodotti di derivazione dell’idrochinone che rendono possibile questo tipo di sviluppo
- Il fatto di sviluppare usando di fatto degli effetti collaterali di una chimica instabile è ciò che rende lo sviluppo lith possibile ma anche il motivo alla base della irripetibilità dei suoi risultati (due stampe simili si possono anche ottenere, ma uguali la vedo dura)
- Rispetto alla procedura di stampa classica, lo sviluppo non è completamento; questo comporta che toni scuri e chiari si controllano in fasi diverse… ma lo spiegherò dopo.
B. La carta
Lo sviluppo Lith è facilmente usabile su molte carte vecchie, magari scadute, soprattutto quelle ricche di cadmio, ora bandito, mentre ad esempio non è usabile laddove ci sono acceleratori di sviluppo nell’emulsione.
La faccio breve: nel tempo le carte adatte a questa stampa si sono di molto ridotte, e di sicuro non sono le più diffuse.
Tim Rudman ha scritto che ci sono carte “quasi-lith”, cioè dove l’effetto tipico di questa stampa sostanzialmente si ottiene, ma magari non nel modo “ortodosso”.
Lo spiego facendo un passo indietro sulla tecnica: lo sviluppo lith consente di controllare il livello dei toni più scuri gestendo il tempo di sviluppo (che infatti non è a completamento) mentre i toni più chiari con l’esposizione sotto l’ingranditore. Quando i “neri” sono a posto, si “strappa” (“snatch”) via il foglio dalla bacinella di sviluppo e senza neanche sgocciolarla si butta nell’arresto; questo perché dopo un innesco lento, i toni più scuri - nella stampa lith vera e propria - accelerano il loro sviluppo aumentando la densità a velocità esponenziale, quindi bisogna essere veloci. Nelle carte “semi-lith” questo processo non è proprio così: anche i toni chiari aumentano la loro densità, ma piano piano… quindi insomma, non è proprio così vero che i toni chiari li controlli solo con l’esposizione, che comunque deve essere abbondante (es. 3 stop sopra il valore a cui si stamperebbe normalmente). Ma vabbè, possiamo convivere con questa cosa. A questo punto, la carta che (leggendo in giro) ha visto più persone d’accordo sul suo utilizzo è la Fomatone 132, una baritata opaca a tono caldo.
C.Processo e risultati
Questo è stato il primo tentativo.
Il fotogramma è di una Fomapan 400 scattata a 125, sviluppata per circa 6’ in #9 (Rodinal) con agitazione continua (sì, volevo grana). Ho tagliato un pezzettino di foglio, ho calcolato una esposizione decente SENZA usare filtri di contrasto e poi ho aumentato di 3 stop. Ho stampato quindi sul resto di quel foglio di carta (ahimè!), in una soluzione 25ml(A) + 25ml(B) + 850ml acqua (a circa 45°C prima di essere messa in bacinella). Avrei dovuto misurare questa temperatura al momento della stampa, ma tutto il resto dell’operazione assorbiva già abbastanza energia mentale :-).
Dopo circa 15 minuti ho fatto questo secondo tentativo.
Si noti la reticolazione (la chiamerò così) che si è creata nei toni alti. Ma soprattutto la grana si è un po’ affinata ed è aumentato il contrasto. Mi piace molto la resa delle foglie in alto a sinistra. Questa è dunque la seconda stampa fatta con lo stesso bagno di sviluppo, che era più freddo e con meno idrochinone e più derivati. Però ho calato l’esposizione da 226” a 200”, perché mi sembrava che i chiari fossero un po’ troppo scuri… forse ho calato troppo.
Poi ho resettato il bagno, stesse condizioni/diluizione, altra stampa, questa volta a partire da una HP5 sviluppata all’epoca in Hydrofen.
Ecco che la reticolazione sparisce. (Qui la stampa doveva ancora asciugarsi. Chiedo scusa per le bande sugli occhi, ma c’è un accordo tra me e mia moglie sulla diffusione in rete delle foto di nostra figlia).
Poi come prima ho fatto una seconda stampa uguale nello stesso bagno, ma cambiando fotogramma (scena notturna in formato 120, pellicola Acros II sviluppata in D23).
Anche qua temperatura scesa e chimica impoverita. È stato qui che mi sono reso conto che nel secondo bagno la reticolazione affligge le alteluci. Ci può anche stare bene (vedi luce/flare del lampione in alto) ma sotto, sull’asfalto, proprio non mi piace. Che cosa la causa? Il calo di temperatura o l’impoverimento della chimica? È da scoprire.
Qui si conferma la vera difficoltà (o il fascino per alcuni, ma per me è più una difficoltà) della stampa lith: non si riesce a fare due stampe uguali.
Siccome volevo vedere la resa in condizioni normali, ho fatto il solito reset del bagno di sviluppo e ho ottenuto questa.
Grana più grossolana (specie nelle zone più chiare) niente stranezze e contrasto un po’ più basso: come nel caso della prima stampa.
D. 2n pass lith printing
A detta dello stesso Rudman, una “scappatoia” per bypassare i problemi delle carte moderne è fare una stampa lith al secondo passaggio. La procedura è questa:
a) Si stampa normalmente, aumentando l’esposizione di 1/3, 1/2 o 3/4 di stop a seconda dei gusti; segue sviluppo in chimica standard (ho usato la PE di ars-imago), arresto e fissaggio 1:6; lavaggio completo
b) Bleach ri-alogenante (si scrive così?), ad esempio con ferricianuro + KBr
c) Ri-sviluppo con lith, arresto, fissaggio 1:6 e lavaggio completo (non sono sicurissimo di questo secondo fissaggio, ma a lume di naso non vedo perché non dovrebbe servire)
Ho seguito la procedura, aumentando anche un po’ la quantità di sviluppo (30ml + 30ml anziché 25ml + 25ml) e riducendo di circa 10 °C la temperatura, perché nel frattempo avevo letto che temperature alte potrebbero rovinare la gelatina, ma come si vede dalle foto la stampa finale è risultata praticamente indistinguibile da una stampa tradizionale. Pare che l’errore sia stato usare una concentrazione di sviluppo simile ad una stampa al primo passo, avrei dovuto usarne molto meno. Sarà questo il mio prossimo esperimento.
(stampa originale, in lavaggio)
(bleaching)
(stampa lith 2nd-pass)
Alla fine ho fatto una stampa al primo passo di una foto di mia figlia.. negativo molto “thin” (una HP5@800 sviluppata in D23), ma l’effetto mi piace da morire.
Qui al contrario delle altre stampe, tutte fatte in modo diretto, ho vignettato. Qui si è coronato il mio sogno di fare una stampa tipo “inizio ‘900”. Mi dispiace per gli occhi, perché qui sono splendidi. La foto in questo caso è ancora umida, dopo la raclettata.
E da qui?
Come ho scritto sopra, voglio fare altre prove… ma ho finito la carta :-D. Vorrei ridurre la dimensione della grana risultante, per un effetto meno violento e vorrei provare la 2nd pass, magari anche sulla baritata ilford lucida che ho, perché non si può essere dipendenti da un solo prodotto. Il controllo del colore è un’altra delle variabili in gioco, che si determina alterando i rapporti tra la soluzione A e la B. Ad esempio aumentando la B (la soda caustica) il colore dovrebbe ridursi.
Fin qui l’approccio usato mi ha suggerito che ad ogni riuso del bagno di sviluppo (l’n-esimo con n > 1) si renda necessario un replenshiment di qualche tipo. Forse anche di riportare la temperatura a livello più alti. Lo sviluppo one-shot risolve molti problemi, ma la grossolanità della grana è troppa per me; mi piacerebbe un effetto più “soft” come ho scritto sopra. Di certo lavorando one-shot, insieme al cronometraggio dello snatch point, è più facile ottenere due stampe davvero molto simili. Fortunatamente stiamo parlando di soluzioni chimiche dal costo molto contenuto se fatte in casa.
Il tipo di risultato ottenuto con uso continuativo del bagno di sviluppo, replenishment e mantenimento della temperatura, lo voglio determinare con ulteriori test perché a detta di molti i risultati migliori si ottengono proprio dalle chimiche già rodate. Anche l’uso di un 50ml di sviluppo vecchio (“Old Brown”), da unire a quello nuovo, pare sia consigliabile, ma ho letto anche pareri contrari; in ogni caso non l’ho provato.
Dopo aver ottenuto stampe come quelle di mia figlia, mi sono sentito molto soddisfatto perché ho ottenuto esattamente quello che volevo. Ma ora sono anche molto disorientato, perché essendo comunque all’inizio di questo percorso (non della stampa lith, ma della fotografia a pellicola) capisco che ho un mezzo espressivo “nuovo” molto diverso da quello usato fino a pochi giorni fa, quindi devo capire come, a che fine e se usarlo.
Questa procedura, così svolta, è sicuramente molto più semplice, direi quasi grossolana, rispetto alla stampa tradizionale, perché il controllo del contrasto è in due passi distinti, di cui uno ispezionabile ad occhio. Immagino che con più conoscenza della procedura e unendo le tecniche di stampa classica alla procedura a due passi, si possano fare cose interessanti.
La quarta foto è a Ferrara via Roversella?
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