Pubblicità invasiva
Moderatore: etrusco
Re: Pubblicità invasiva
Comunque faccio notare che molti usano Tapatalk e credo che in questa modalità di fruizione del forum tutte le pubblicità vengono ignorate.


Re: Pubblicità invasiva
Con l'AI-overview di Google, Gemini risponde alle domande dell'utente senza che questi navighi poi sui siti. Una % molto grande di ricerche non esita più in click. Tra poco anche in Italia Google renderà pubblico l'AI-Mode, che praticamente conterà quasi solo sulla IA generativa per rispondere alle domande, offrendo solo i link rilevanti. All'inizio sarà solo un'altra tab su Google, ma molti indizi fanno pensare che poi diventerà il default.
- Valerio Ricciardi
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Re: Pubblicità invasiva
Ho provato a googlare di recente per ricercare (esigenza reale, non esperimento) su cose inerenti a materie sulle quali ho competenza generale di base elevata (e certificata non da me), e le risposte dell'IA di Google sono state sistematicamente non soddisfacenti. Banali, generiche ed anche "poco aggiornate".
Una... tesina compilativa di livello anche bassino.
In pratica sembra guardare molto in giro senza essere capace di dare un voting alle risposte che trova pubblicate in Rete.
Come se mettesse statisticamente sullo stesso piano l'attendibilità delle risposte che so, di Marco Cavina e quelle del tipo col magico filtro ND1000 che azzera la reciprocità, quelle di Piero Angela e quelle di Roberto Giacobbo, quelle di Corrado Augias e quelle di Daniele Capezzone...
Per cui la sensazione è che basti che dei mezzi c@§§@ri da bar
"pubblichino tanto" e dei grandi studiosi siano succinti e pubblichino solo le cose straverificate, e prevarranno come fonte i primi.
Una... tesina compilativa di livello anche bassino.
In pratica sembra guardare molto in giro senza essere capace di dare un voting alle risposte che trova pubblicate in Rete.
Come se mettesse statisticamente sullo stesso piano l'attendibilità delle risposte che so, di Marco Cavina e quelle del tipo col magico filtro ND1000 che azzera la reciprocità, quelle di Piero Angela e quelle di Roberto Giacobbo, quelle di Corrado Augias e quelle di Daniele Capezzone...

Per cui la sensazione è che basti che dei mezzi c@§§@ri da bar

«Земля - колыбель человечества, но нельзя вечно жить в колыбели.» (Konstantin Ė. Ciolkovskij, cit. da Doris Lessing)
Re: Pubblicità invasiva
La questione della qualità dei risultati è sotto gli occhi di tutti, un esperto trova le debolezze ma l'inesperto no. La tesi attuale - ragionevole - è che si perderà traffico sulle ricerce "banalotte", mentre chi vuole approfondire continuerà a consultare le fonti. Però se queste fonti sono quelle selezionate dalla stessa IA, se conti che il calo di traffico di ricerca è tra il 30 e il 50%, capisci che l'impatto è decisivo e molti ora si stanno ponendo molte domande su tanti temi, incluso il senso di pubblicare contenuti (cosa che ha guidato il web da sempre) o come si misurano le performance di un sito nel nuovo contesto dato.
Il bello è che queste tecnologie si sono addestrate proprio col web che ora si accingono a sconvolgere, forse in modo distruttivo. Visto che siamo su "analogica", si può dire con un certo sorriso (amaro) che il digitale, dopo aver distrutto tutto, ora distrugge anche se stesso.
Dopodiché, cosa che non conta assolutamente nulla, un motivo forte per cui mi sono avvicinato all'analogico è proprio per tenere la mia passione lontana da tutto questo, nel bene e nel male.
Il bello è che queste tecnologie si sono addestrate proprio col web che ora si accingono a sconvolgere, forse in modo distruttivo. Visto che siamo su "analogica", si può dire con un certo sorriso (amaro) che il digitale, dopo aver distrutto tutto, ora distrugge anche se stesso.
Dopodiché, cosa che non conta assolutamente nulla, un motivo forte per cui mi sono avvicinato all'analogico è proprio per tenere la mia passione lontana da tutto questo, nel bene e nel male.
- Valerio Ricciardi
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Re: Pubblicità invasiva
Non sarei eccessivamente apodittico sulla fotografia digitale, però.
Sopratutto se si ha la fortuna (essenzialmente generazionale, dunque almeno nel mio caso mio fortuna, non merito) di provenire dalla filiera, dalla formazione e dalla "mentalità" analogica, la fotografia numerica può essere un ottimo ed onesto strumento di lavoro, con vantaggi operativi non piccoli nella vita del professionista, e per l'ambiente.
Il fatto che molti demandino troppa della qualità finale alla postproduzione e all'alterazione più o meno sapiente del file originale, e troppo poca alla cura in ripresa sul piano compositivo, del controllo dell'illuminazione, della profondità di campo, delle ombre etc (la cosa è vistosa sia nella fotografia di studio - che in esterni, in particolare nella foto di cerimonia e nel fashion, due generi che non ho mai praticato) non è "colpa" dello strumento ma della mentalità di approccio.
Ma in fondo, anche qui, se vai a ritroso fra i thread nella sezione "racconta uno scatto", ci sono certo molte foto bellissime... e pure, ogni tanto vedi proposte foto che se non fossero mai arrivate allo scatto e il dito fosse rimasto alzato a un cm dal pulsante... sarebbe stato proprio uguale uguale. Però sviluppate con maestria con una formula anche difficile da farsi arrivare, stampate su baritata, mascherate, bruciate, seppiate, inquadrate con passepartout bianco dalle proporzioni accuratamente calcolate, o nero coi numeri e le scritte della pellicola ben visibili etc etc etc...
Sopratutto se si ha la fortuna (essenzialmente generazionale, dunque almeno nel mio caso mio fortuna, non merito) di provenire dalla filiera, dalla formazione e dalla "mentalità" analogica, la fotografia numerica può essere un ottimo ed onesto strumento di lavoro, con vantaggi operativi non piccoli nella vita del professionista, e per l'ambiente.
Il fatto che molti demandino troppa della qualità finale alla postproduzione e all'alterazione più o meno sapiente del file originale, e troppo poca alla cura in ripresa sul piano compositivo, del controllo dell'illuminazione, della profondità di campo, delle ombre etc (la cosa è vistosa sia nella fotografia di studio - che in esterni, in particolare nella foto di cerimonia e nel fashion, due generi che non ho mai praticato) non è "colpa" dello strumento ma della mentalità di approccio.
Ma in fondo, anche qui, se vai a ritroso fra i thread nella sezione "racconta uno scatto", ci sono certo molte foto bellissime... e pure, ogni tanto vedi proposte foto che se non fossero mai arrivate allo scatto e il dito fosse rimasto alzato a un cm dal pulsante... sarebbe stato proprio uguale uguale. Però sviluppate con maestria con una formula anche difficile da farsi arrivare, stampate su baritata, mascherate, bruciate, seppiate, inquadrate con passepartout bianco dalle proporzioni accuratamente calcolate, o nero coi numeri e le scritte della pellicola ben visibili etc etc etc...
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Re: Pubblicità invasiva
Focalizzandosi sul concetto nella sua versione più pura e teorica, ci si può limitare a considerazioni astratte. Ma quando si osserva l'applicazione pratica di quel concetto, non puoi evitare di considerare il suo impatto nella storia. Tuttavia, visto che il mondo è complesso e mal si presta alle semplificazioni, un fenomeno può presentare notevoli eccezioni quando altre variabili non sono nella norma.
La mia opinione: un bravo fotografo abituato a lavorare con tutte le difficoltà della pellicola, dopo un periodo di adattamento, può applicare le stesse "virtù" anche nel digitale. Chi dice che una foto analogica è più "meditata/studiata/ricercata/perseguita..." dice una fesseria, perché il digitale non obbliga il fotografo a fotografare col cervello spento e senza metterci riflessione. Ma dire che questo è vero in media, è un’altra faccenda, soprattutto mano a mano che i fotografi sono per motivi anagrafici sempre di più nativi digitali.
Però per capirne di più bisogna studiare ogni fenomeno considerando il suo contesto.
Il digitale è per sua natura pervasivo, perché riducendo tutto a un linguaggio simbolico, ha il potere di costruire ponti con mondi insospettabili. Il JPEG è usabile da una fotocamera, e (probabilmente) le stesse librerie di codifica e decodifica per quel formato sono presenti in moltissimi software e firmware di dispositivi. Risultato? Nel digitale la fotografia non resta più ristretta ai suoi ambiti tradizionali, ma diventa l'ennesimo dato che si può dare in pasto a tutto il resto. L'apparecchio fotografico ora può parlare lo stesso "linguaggio" di... che so... ChatGPT. Nulla vieta di pensare di collegare GPT alla fotocamera, via API, o meglio con un aggeggio costoso, e farsi suggerire dalla IA l'inquadratura e le impostazioni migliori per un certo scatto. Già siamo pieni di software capaci di manipolare la fotografia come mai è stato possibile nella storia, con “in meno” il requisiti della competenza.
Quindi, quando si trasferisce la fotografia dalla pellicola al digitale, sul momento cambia solo qualche fatto tecnico, ma nel tempo cambia tutto.
La pellicola pone barriere all'ingresso ed è più faticosa; in cambio offre pure meno opportunità di scatto. Questo richiede nel lungo periodo, cioè non per chi scatta due rullini ogni tanto, una motivazione che chi scatta solo con lo smartphone può permettersi di non avere. Sbagliare un’inquadratura in digitale costa zero e puoi correggerla subito. A pellicola no, quindi sai che se vuoi migliorare (se hai la voglia di farlo) la prossima volta dovrai pensarci meglio. Questo porta a porsi domande, ad approfondire, a chiedersi il senso di quello che si fa. Il digitale si presta all’automazione, cioè al semplificare le procedure; del resto i bravi programmatori devono essere dotati di una brillante pigrizia.
Se si guarda la pubblicità dei software che consentono di fare la cancellazione degli elementi dalle foto con un semplice touch, si capisce che sono dirette a persone che non si interrogano sul senso – per alcuni terribile – di falsificare il contenuto di una foto.
Insomma, la fotografia digitale in sé va benissimo, anzi espande le possibilità. Ma la realtà è che non siamo esseri perfetti, le difficoltà ci offrono un aiuto inaspettato, e quindi ritengo che nella fase di apprendimento la pellicola rimanga il meglio che c’è. Io penso di avere moltissimo ancora da imparare, quindi uso la pellicola ogni volta che posso, e questo ha migliorato anche le mie capacità nel digitale. Questo è quello che la mia esperienza mi ha insegnato fin qua, ed è il motivo per cui ritengo che la fotografia digitale sia, nel suo impatto globale e nel lunghissimo periodo, più negativa che positiva, almeno per la fotografia come l'abbiamo sempre conosciuta.
Sul demandare la realizzazione di una bella immagine alla post-produzione: è qualcosa che non giudicherei sommariamente, almeno in questi termini. Ad esempio Eddie Ephraums in uno dei suoi libri dice che a volte lo fa, perché sa quanto si possa intervenire in camera oscura. In quel caso si riferisce più che altro a condizioni di luce non ottimali, non certo al fatto di poter scattare col tappo davanti all’obiettivo, ma il concetto chiave è che lui sa che cosa vuole ottenere, che mi sembra in fondo la cosa più importante di tutte; se sa di poter ottenere quello che vuole con una sapiente manipolazione in c.o., secondo me non sbaglia, e lo stesso vale se si usa un software. Cosa diversa è la sciatteria, che difficilmente però contempla il fatto che il fotografo “previsualizzi e ragioni”; tipicamente quella è figlia proprio del non voler pensare, che alla lunga porta comunque a risultati modesti sul piano tecnico e anche su tutto il resto.
La mia opinione: un bravo fotografo abituato a lavorare con tutte le difficoltà della pellicola, dopo un periodo di adattamento, può applicare le stesse "virtù" anche nel digitale. Chi dice che una foto analogica è più "meditata/studiata/ricercata/perseguita..." dice una fesseria, perché il digitale non obbliga il fotografo a fotografare col cervello spento e senza metterci riflessione. Ma dire che questo è vero in media, è un’altra faccenda, soprattutto mano a mano che i fotografi sono per motivi anagrafici sempre di più nativi digitali.
Però per capirne di più bisogna studiare ogni fenomeno considerando il suo contesto.
Il digitale è per sua natura pervasivo, perché riducendo tutto a un linguaggio simbolico, ha il potere di costruire ponti con mondi insospettabili. Il JPEG è usabile da una fotocamera, e (probabilmente) le stesse librerie di codifica e decodifica per quel formato sono presenti in moltissimi software e firmware di dispositivi. Risultato? Nel digitale la fotografia non resta più ristretta ai suoi ambiti tradizionali, ma diventa l'ennesimo dato che si può dare in pasto a tutto il resto. L'apparecchio fotografico ora può parlare lo stesso "linguaggio" di... che so... ChatGPT. Nulla vieta di pensare di collegare GPT alla fotocamera, via API, o meglio con un aggeggio costoso, e farsi suggerire dalla IA l'inquadratura e le impostazioni migliori per un certo scatto. Già siamo pieni di software capaci di manipolare la fotografia come mai è stato possibile nella storia, con “in meno” il requisiti della competenza.
Quindi, quando si trasferisce la fotografia dalla pellicola al digitale, sul momento cambia solo qualche fatto tecnico, ma nel tempo cambia tutto.
La pellicola pone barriere all'ingresso ed è più faticosa; in cambio offre pure meno opportunità di scatto. Questo richiede nel lungo periodo, cioè non per chi scatta due rullini ogni tanto, una motivazione che chi scatta solo con lo smartphone può permettersi di non avere. Sbagliare un’inquadratura in digitale costa zero e puoi correggerla subito. A pellicola no, quindi sai che se vuoi migliorare (se hai la voglia di farlo) la prossima volta dovrai pensarci meglio. Questo porta a porsi domande, ad approfondire, a chiedersi il senso di quello che si fa. Il digitale si presta all’automazione, cioè al semplificare le procedure; del resto i bravi programmatori devono essere dotati di una brillante pigrizia.
Se si guarda la pubblicità dei software che consentono di fare la cancellazione degli elementi dalle foto con un semplice touch, si capisce che sono dirette a persone che non si interrogano sul senso – per alcuni terribile – di falsificare il contenuto di una foto.
Insomma, la fotografia digitale in sé va benissimo, anzi espande le possibilità. Ma la realtà è che non siamo esseri perfetti, le difficoltà ci offrono un aiuto inaspettato, e quindi ritengo che nella fase di apprendimento la pellicola rimanga il meglio che c’è. Io penso di avere moltissimo ancora da imparare, quindi uso la pellicola ogni volta che posso, e questo ha migliorato anche le mie capacità nel digitale. Questo è quello che la mia esperienza mi ha insegnato fin qua, ed è il motivo per cui ritengo che la fotografia digitale sia, nel suo impatto globale e nel lunghissimo periodo, più negativa che positiva, almeno per la fotografia come l'abbiamo sempre conosciuta.
Sul demandare la realizzazione di una bella immagine alla post-produzione: è qualcosa che non giudicherei sommariamente, almeno in questi termini. Ad esempio Eddie Ephraums in uno dei suoi libri dice che a volte lo fa, perché sa quanto si possa intervenire in camera oscura. In quel caso si riferisce più che altro a condizioni di luce non ottimali, non certo al fatto di poter scattare col tappo davanti all’obiettivo, ma il concetto chiave è che lui sa che cosa vuole ottenere, che mi sembra in fondo la cosa più importante di tutte; se sa di poter ottenere quello che vuole con una sapiente manipolazione in c.o., secondo me non sbaglia, e lo stesso vale se si usa un software. Cosa diversa è la sciatteria, che difficilmente però contempla il fatto che il fotografo “previsualizzi e ragioni”; tipicamente quella è figlia proprio del non voler pensare, che alla lunga porta comunque a risultati modesti sul piano tecnico e anche su tutto il resto.
- Valerio Ricciardi
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Re: Pubblicità invasiva
Se sino al momento dello scatto hai immaginato, provato mentalmente a visualizzare, composto, regolato come punto di fuoco, diaframma ed esposizione una foto che ambiva ad essere "già a posto così", e poi la postproduzione (sia in camera oscura, che in... camera chiara, come c'è chi ha soprannominato l'accoppiata Lightroom+Photoshop) serve a rifinire, a massimizzare la resa a fini espressivi, ad ottimizzare i contrasti e la leggibilità delle ombre - o a finire di "tapparle" se questo si voleva - ad eliminare "difetti" inevitabili (un unico isolato brutto cartello di divieto di sosta in una prospettiva urbana per il resto architettonicamente "pulita", un capello che non avevi visto sul fondalino, un pacchetto di sigarette in spiaggia che non avevi notato, una lieve imperfezione residua nel raddrizzamento delle linee verticali di un edificio che nel mirino non eri riuscito ad apprezzare) non ho nulla in contrario.
Tanto non si sta riproducendo la realtà, perché il fatto stesso che io dal 1973, poco più che bambino, con la Cidaf 0018 abbia avuto facoltà di decidere cosa fosse nell'inquadratura, e cosa no è una parzializzazione della realtà, dunque una mistificazione, nel senso di una narrazione a priori non oggettiva.
Usare i filtri di contrasto per schiarire con un rosso 25A le mura Aureliane e scurire il cielo per esaltare, PIU' di come lo percepisco ad occhio nudo, il contrasto fra cielo azzurro quel giorno un po' slavatello per l'afa e i nuvoloni scenografici, è un'alterazione della realtà, in pre-produzione.
Scegliere un rivelatore ad effetto adiacenza con poca agitazione e molto still per dare un'impressione di nitidezza percepita anche quando l'ottica in realtà non risolve più di tanto è mistificazione... se poi arriviamo alla stampa sapiente con tempi di esposizione differenziati nelle varie aree del foglio sensibile non ne parliamo proprio.
Non c'è concettualmente una differenza "etica" con Photoshop. E' che spesso con Photoshop hanno esagerato, la Rete è piena di foto di modelle con un dito se non due in più su una mano clonata, in cui si sono "dimenticati" l'ombelico, staccionate clonate per allungarle con errori di giuntatura, toni da tramonto infuocato in foto col sole alto... altro che quello che si faceva coi Cokin... e forse anche questo ha generato, in molti nativi digitali, il desiderio di provare qualcosa di un po' meno "lo fai come ti pare", qualcosa di cui sei come soggetto che guarda il mondo un po' più proprietario...
Tanto non si sta riproducendo la realtà, perché il fatto stesso che io dal 1973, poco più che bambino, con la Cidaf 0018 abbia avuto facoltà di decidere cosa fosse nell'inquadratura, e cosa no è una parzializzazione della realtà, dunque una mistificazione, nel senso di una narrazione a priori non oggettiva.
Usare i filtri di contrasto per schiarire con un rosso 25A le mura Aureliane e scurire il cielo per esaltare, PIU' di come lo percepisco ad occhio nudo, il contrasto fra cielo azzurro quel giorno un po' slavatello per l'afa e i nuvoloni scenografici, è un'alterazione della realtà, in pre-produzione.
Scegliere un rivelatore ad effetto adiacenza con poca agitazione e molto still per dare un'impressione di nitidezza percepita anche quando l'ottica in realtà non risolve più di tanto è mistificazione... se poi arriviamo alla stampa sapiente con tempi di esposizione differenziati nelle varie aree del foglio sensibile non ne parliamo proprio.
Non c'è concettualmente una differenza "etica" con Photoshop. E' che spesso con Photoshop hanno esagerato, la Rete è piena di foto di modelle con un dito se non due in più su una mano clonata, in cui si sono "dimenticati" l'ombelico, staccionate clonate per allungarle con errori di giuntatura, toni da tramonto infuocato in foto col sole alto... altro che quello che si faceva coi Cokin... e forse anche questo ha generato, in molti nativi digitali, il desiderio di provare qualcosa di un po' meno "lo fai come ti pare", qualcosa di cui sei come soggetto che guarda il mondo un po' più proprietario...
«Земля - колыбель человечества, но нельзя вечно жить в колыбели.» (Konstantin Ė. Ciolkovskij, cit. da Doris Lessing)
Re: Pubblicità invasiva
Comunque siete ampiamente OT, su argomenti triti e ritriti
Re: Pubblicità invasiva
...🪚🪚🪚
...quando guardo la lunghezza di certi post (a parte quelli seriamente tecnici) sono sempre più felice di essere scappato via da Roma quasi venti anni fa e da diversi anni aver scelto di abitare al centro del Salento. Quando non devo lavorare, la mattina posso scegliere se in 20 minuti andare a fare il bagno sullo Jonio o sull'Adriatico.
...quando guardo la lunghezza di certi post (a parte quelli seriamente tecnici) sono sempre più felice di essere scappato via da Roma quasi venti anni fa e da diversi anni aver scelto di abitare al centro del Salento. Quando non devo lavorare, la mattina posso scegliere se in 20 minuti andare a fare il bagno sullo Jonio o sull'Adriatico.

