La trasfocazione non è lineare; non ho mai trovato la formula ottica che la descrive matematicamente ma ho evidenze strumentali al collimatore centesimale. In casa Zeiss per un obiettivo f/3.5 si hanno 2-3 centesimi di trasfocazione (ininfluente), per un f/2.8 si hanno 6-7 centesimi (già sufficienti a far perdere la sensazione di nitidezza), per un f/2 si hanno 14-15 centesimi, che possono provocare un fuori fuoco palese.
Le case produttrici collimano gli obiettivi a diaframmi piuttosto chiusi, in questo modo la trasfocazione diventa irrilevante, ma usando l'obiettivo a TA si avrà un fuori fuoco, che può finire nel calderone della breve profondità di campo e della sua incerta determinazione (specie sugli obiettivi moderni con scale corte serigrafate).
La trasfocazione è un effetto collaterale della grande apertura, come l'aberrazione sferica, ed è impossibile eliminarla del tutto. Con la lavorazione delle lenti a superficie parabolica (lenti asferiche) questi due difetti praticamente vengono annullati, ma le lavorazioni sono gravate da costi molto elevati. Resta il fatto che grandi aperture sono raramente utili in pratica, se non per giocare un po', ed anche che gli obiettivi meno aperti sono comunque corretti meglio e di conseguenza danno molta soddisfazione; sinceramente me ne frego dello sfocato a palline sui punti luminosi fuori fuoco, mi stupisco di ben altre cose. E non è per la storiella della volpe e dell'uva. Ho avuto obiettivi a grande apertura molto desiderati, come il rarissimo Canon EF 50 f/1.0, il Canon LTM 50/0.95, vari 135/2, 85/1.2 50/1.2 ecc.ecc. Tutta roba di cui mi sono sbarazzato e non ne sento proprio la mancanza.