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Tutte le pellicole reagiscono allo stesso modo alle variazioni di "energia" dello sviluppo... ;)
Col negativo colore la situazione è di solito meno critica (è morbido), è comunque possibile variare il tempo di sviluppo, ma... dipende dal dopo! Se vengono scansionate non ne vedo l'esigenza, idem se passano in un foto-restitutore, solo se vengono stampate in una catena tutta anolgica puó avere senso (ma sono poche ormai... ). Col negativo non servono filtri correttivi in ripresa, la correzione si fa dopo.
Con le dia è diverso perché il materiale é ad alto contrasto e quindi anche in scansione non c'é poi molto di recuperabile e quindi sperimentare può riservare davvero piacevoli sorprese.
Se il prodotto finito va proiettato la correzione del colore in ripresa é opportuna, ma ogni pellicola reagisce a modo suo, quindi bisogna vedere che succede... se invece vanno scansionate direi che é fatica sprecata.
Per il dopo penso di farne stampare qualcuna da qualche laboratorio (decente), ma giusto qualcuna!! Più che altro voglio approfittare di questi due rulli per sperimentare poiché in fase d'esposizione impostai 160 iso invece dei 200 nominali e vorrei capire se è possibile applicare, anche in misura minore, quello che abbiamo detto per il Bianco e Nero.
Per il colore la variazione sul trattamento è molto più critica perché le tre curve caratteristiche che compongono l'immagine a colori, reagiscono in maniera diversa alle variazioni di trattamento generando del cross-over impossibile da correggere poi in stampa. Con variazioni piuttosto contenute, e se la specifica pellicola presenta cross-over in zone poco critiche, la cosa è fattibile. In genere si preferiva usare pellicole diverse, con contrasti intrensechi più o meno morbidi, a seconda del contrasto della scena da riprendere; in seconda istanza si interveniva sulla composizione chimica dei bagni di trattamento, sia del negativo che, più raramente, della stampa, e per un certo periodo era disponibile (forse ancora oggi, non saprei) un indebolitore che permetteva una variazione del contrasto della carta da stampa all'incirca di una gradazione in più o in meno.
Le negative a colori hanno una latitudine alla sovraesposizione molto ampia, ben di più del BN, dato che l'immagine è formata solo da coloranti, trasparenti alla luce, e non da argento metallico, opaco alla luce, e questo elimina di fatto il "bloccaggio" delle alteluci (le attuali pellicole cromogene BN ne sono tuttora testimonianza concreta) e questo permette di avere un margine un po' più ampio in fase di stampa per "ricacciare" la dinamica del negativo in quella della carta, con bruciature e mascherature o con maschere di contrasto.
Per l'invertibile la cosa era (è?) più complicata, il materiale non permette una seconda chance in stampa e i limiti di intervento sono molto piccoli senza stravolgere l'equilibrio cromatico; felice eccezione era la Kodachrome, per la natura stessa della pellicole, fondamentalmente una BN, per le quali alcuni laboratori (USA) la stessa Kodak (USA) offrivano trattamenti push e pull.
In una pubblicazione tecnica sulle pellicole cine la Kodak faceva di fatto intendere che una moderata sovraesposizione del negativo era preferibile dato che perdendo un po' sulla neutralità cromatica si guadagnava in saturazione e finezza di grana.
"They say my prints are bad, darling they should see my negatives!"
Lisette Model
Riduci di 15 secondi lo sviluppo, ma non oltre, altrimenti rischi che non abbia il tempo di penetrare sino all'ultimo strato, generando una risposta disuniforme dei tre strati.