Questa è una lunga dissertazione sui galvanometri, strumenti ampiamente usati negli esposimetri negli anni in cui le cose erano fatte davvero bene.
Sono 1500 parole, siete avvisati.
Il galvanometro è sostanzialmente un dispositivo elettrodinamico che trasforma una corrente elettrica nel movimento di un indice su una scala graduata; il primo galvanometro con specchio a deflessione fu inventato da Poggendorf nel 1826, poi perfezionato da Gauss e da Kelvin.
Per correnti continue, come quelle delle pile usate nelle fotocamere e negli esposimetri, l’indice ha un movimento lineare, direttamente proporzionale alla corrente che attraversa il galvanometro.
È composto da una coppia di magneti permanenti e da un nucleo di ferro dolce, montato al centro del campo magnetico generato; i magneti vengono sagomati in modo che il campo magnetico sul nucleo sia radiale e costante in valore assoluto.
Intorno al nucleo viene poi sistemata una bobina avvolta su un piccolo telaio, la cui sezione è appena più grande di quella del nucleo cilindrico. Questa bobina è sospesa sul nucleo tramite appositi perni e supporti di cui parlerò in seguito, e viene alimentata tramite le stesse molle a spirale che ne richiamano il movimento a zero.
Nella bobina viene fatta fluire la corrente prodotta da una fotocellula al selenio, o da un più complesso circuito elettrico nel caso di fotocellule più moderne e questo genera un campo magnetico all’interno della bobina che interagisce col campo magnetico fisso prodotto dai magneti, provocando quindi un movimento della bobina intorno al suo asse verticale dovuto alla forza magnetomotrice.
A stretto rigore sono solo i lati verticali della bobina a produrre una forza utile alla rotazione; i due lati orizzontali invece producono una coppia di forze dannose perché tendono a deformare la bobina, motivo per cui il telaio della bobina deve essere sufficientemente rigido, ma producono anche una oscillazione del perno sulla sua posizione in caso di lasco eccessivo o usura della sede, generando imprecisione.
Lo smorzamento dell’indice è governato da una equazione differenziale di secondo grado e può produrre, a seconda dei parametri usati un sovrasmorzamento quindi un movimento frenato, una oscillazione fastidiosa intorno al punto di equilibrio, oppure quello che viene definito “smorzamento critico”, ossia ottenere l’arresto in posizione dell’indice senza oscillazioni e nel modo più rapido possibile (vedere grafico).
I vari parametri sono tutti parametri di progetto (come la resistenza della bobina, la tensione massima della cella, forma della bobina, numero di spire e sezione del filo, sezione del filo delle molle di richiamo e loro conformazione) e tra questi solo due sono soggetti a variazione per invecchiamento: la tensione della cella (nel caso di celle al selenio) e l’attrito sui perni.
Le celle al selenio sono incredibilmente complesse nella loro realizzazione, constano infatti di una piastra in ferro dolce che funge da anodo, uno strato di selenio amorfo poi trattato ad alta temperatura sotto vuoto con droganti per assumere la forma cristallina esagonale che è l'unica ad essere fotoconduttiva (tutte le altre forme allotropiche del selenio non lo sono), uno strato metallico conduttivo sovrastante di spessore molecolare, quindi trasparente alla luce, ottenuto per vaporizzazione catodica sottovuoto che funge da catodo, ed infine una vernice trasparente protettiva.
Il selenio non si esaurisce, mi spiace disintegrare una leggenda metropolitana, ma è così. Le celle al selenio smettono di funzionare per il deterioramento di altri elementi, come lo strato trasparente conduttivo, oppure per resistenze di contatto del circuito, dovute ad ossidazioni, perdita di isolamento dei fili, deterioramento delle saldature, eccetera. Per questo motivo è del tutto inutile proteggere la cellula dalla luce. Vi sono casi di celle che smettono di condurre la corrente, ma che la generano perfettamente; ho delle celle prodotte verso la fine degli anni 50 ancora perfettamente funzionanti. Come in tutti i campi dell'industria sono esistite, ovviamente, celle di alta qualità, così come hanno prodotto celle di qualità media e bassa. Ovvio quindi attendersi da queste ultime una minore durata nel tempo.
Uno dei pionieri nella produzione di celle al selenio in europa era l'inglese Megatron, le loro celle sono state montate quasi da tutti i produttori di esposimetri.
Spesso quindi si possono rianimare esposimetri al selenio dati per morti se la cellula è integra nel caso in cui vi siano problemi meccanici di contatto o di resistività eccessiva sui contatti o sulle saldature o perdite di isolamento o cortocircuiti. Altre volte invece la cellula è deteriorata fisicamente, e non vi è rimedio.
Ora voglio concentrare l’attenzione sugli esposimetri al selenio montati sulle Rolleiflex per aggiungere altre informazioni.
Abbiamo detto che il galvanometro, usato come amperometro (quindi con resistenze derivatrici in parallelo che solitamente sono montate dentro lo stesso galvanometro) è uno strumento con risposta lineare rispetto alla corrente che lo attraversa.
Tuttavia i valori sugli estremi della scala dell’esposimetro devono poter essere rappresentati secondo una curva logaritmica perché la scala è veramente molto piccola ed occorre comprimerli per evitare l’odioso sistema dei selettori alte luci/basse luci usato sugli esposimetri sino ad allora. La soluzione elettronica, usata sui tester anni dopo era ancora da venire, ma quand’anche ci fosse stata (e forse c’era) avrebbe richiesto l’inserimento di circuiti stampati ingombranti dentro la fotocamera, richiedendo anche una alimentazione a pila; penso che Heidecke non fosse propenso ad una soluzione del genere.
Ecco il primo problema che i progettisti Rollei dovettero affrontare: abbiamo uno strumento con risposta lineare, che dobbiamo convertire in risposta logaritmica.
Ovviamente la soluzione non poteva essere che di alto livello, cioè squisitamente meccanica.
Nell’esposimetro accoppiato Rollei esiste un secondo indice chiamato collimatore, che termina con un piccolo cerchio, ed è collegato meccanicamente alle regolazioni tempi-diaframmi-asa/din.
Ebbene questo collimatore fu progettato per muoversi in modo logaritmico, mediante un sistema di leve e camme piazzato sempre dentro l’esposimetro. Mentre lo manovrate lo potete vedere rallentare all’inizio e alla fine della scala. Geniale, no?
Ad onor del vero però questa soluzione fu usata prima sull'esposimetro al selenio Zeiss Ikophot.
Abbiamo poi un secondo problema: l’attrito sui perni.
Come potete vedere dalle foto, di cui mi scuso per la pessima qualità essendo ingrandimenti diretti sul cellulare, la bobina mobile ha due punte contrapposte in acciaio durissimo e lucidate a specchio, ed è chiaro che se queste punte ruotassero in una sede cava, sempre di acciaio indurito, prima o poi l’attrito genererebbe limatura che bloccherebbe l’indice, creando anche lasco e imprecisioni per le forze trasversali di cui abbiamo parlato.
Occorreva anche qui una soluzione faraonica.
La sede per la punta, cioè la contropunta, è un rubino artificiale (corindone industriale) lavorato con estrema precisione per ricevere la punta e garantire l’attrito minimo possibile anche in totale assenza di lubrificazione. Come si fa sui bilancieri, sugli scappamenti e sui treni del tempo degli orologi di qualità.
Ma non è finita qui: come fare per compensare le inevitabili tolleranze di produzione sulle misure delle bobine e delle distanze tra le punte? È evidente che la regolazione deve essere fatta con estrema precisione, ma le due punte sono giocoforza fisse perché saldate stabilmente sul telaio della bobina.
Ebbene… c’è da chiederlo? Basta realizzare una delle due contropunte registrabile in altezza. Di fatto la contropunta superiore è incastonata in un cilindretto telescopico che fuoriesce controllato da una vite di regolazione trasversale sul nucleo. Una punta di vernice poi avrebbe bloccato la vite una volta eseguita la regolazione corretta. L’arretramento del cilindretto permette anche di poter inserire la bobina in sede senza danneggiare le preziose e delicate punte in acciaio, facendo passare quella superiore in una fresatura dai bordi arrotondati appositamente eseguita sulla testa del nucleo.
Il tutto in un cilindretto lungo solo 9 millimetri, dove il diametro massimo della contropunta in corindone misura otto centesimi di millimetro!!!
Dato l’inevitabile costo di questa soluzione è ovvio che non sia stata usata su tutti gli esposimetri con galvanometro. In particolare sulle fotocamere economiche e soprattutto sulle 135, date le ancor più minuscole dimensioni degli equipaggi mobili.
Si è bloccato l’esposimetro sulla 135 dopo 50 anni? Indovina il perché!!!
A questa geniale soluzione fece ricorso anche anche la storica fabbrica italiana I.C.E. di Milano, una decina di anni dopo, nel progetto del suo intramontabile Supertester 680R. Le prime due serie di questo tester infatti avevano non solo le contropunte in corindone, ma le stesse erano montate in un tubetto filettato e caricate da una microscopica molla regolabile, diventando flottanti in modo da assorbire gli urti verticali sul galvanometro in uno strumento progettato per essere portato in borsa tutti i giorni. Nell’ultimo ingrandimento il raffronto tra il nucleo Rollei ed il supporto ICE, col tubetto filettato da parte.
Ma torniamo ai nostri esposimetri Rollei.
Tra le tante anomalie che occorre controllare su questi affascinanti strumenti, vi è proprio l’attrito sui perni. Spesso capita infatti che dopo 60 anni dalla sua produzione sia potuto penetrare sporco all’interno delle punte, oppure che le punte si siano comunque usurate, producendo limatura, che attratta fatalmente dal campo magnetico, resta bloccata sulla contropunta.
Come si lubrificano i rubini degli orologi, occorre lubrificare anche quelli dei galvanometri.
Tra i controlli che faccio in laboratorio c’è anche questo, ed usando un soffiatore ad aria compressa microfiltrata con ago gauge 30, pulisco accuratamente la sede delle punte e registro con cura l’attrito sui perni, per non lasciare nulla, ma proprio nulla al caso.
Infine una curiosità: è noto che i galvanometri Rollei furono fabbricati dalla Gossen, prestigiosa azienda che tuttora produce esposimetri e strumenti di misura.
Ebbene mi sono preso la briga di smontare il galvanometro di un esposimetro Profisix, punta di diamante del catalogo Gossen negli anni 80. Lo potete vedere in foto, è dotato di contropunte in corindone molleggiate, ma la costruzione generale è al risparmio, con cassa in plastica e regolazione delle contropunte con flangia dentellata, da fare con una pinza sopra la bobina, con grande rischio di far danni.
Il meglio lo abbiamo avuto ed ora fa parte del passato.
Tutto sul galvanometro, o quasi.
Moderatore: etrusco
Tutto sul galvanometro, o quasi.
Ultima modifica di -Sandro- il 28/06/2022, 21:28, modificato 8 volte in totale.
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Re: Tutto sul galvanometro, o quasi.
Grazie Sandro! Molto difficile capire la trasformazione meccanica in scala logaritmica. Ci saràqualche schema meccanico in rete.... Magari mi metto a cercarlo. Molto chiaro il problema dello scorrimento tra punte e contropunte. Molto interessante (per me, non ne avevo idea!) lo schema di costruzione della fotocellula.
Sei un vero hacker! Bravissimo!
Ciao!
A.
P.S. come reagisce alle coppie di forze una spira/bobina di corrente in un campo magnetico: è la domanda preferita dei miei studenti in questi giorni di ripasso per l'esame di maturità. Vorrebbero che chiedessi sempre quella. Anche a loro piacciono cose chiare, invece gli fa paura la produzione di onde da un dipolo o i giochi di prestigio della relatività ristretta . Teneri!
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A.
P.S. come reagisce alle coppie di forze una spira/bobina di corrente in un campo magnetico: è la domanda preferita dei miei studenti in questi giorni di ripasso per l'esame di maturità. Vorrebbero che chiedessi sempre quella. Anche a loro piacciono cose chiare, invece gli fa paura la produzione di onde da un dipolo o i giochi di prestigio della relatività ristretta . Teneri!
Re: Tutto sul galvanometro, o quasi.
In realtà è banale, basta obbligare un perno a scorrere in una fresatura sagomata. Se su una piastra realizzo una scanalatura che ha l'andamento di y=log x e in quella scanalatura obbligo un perno a scorrervi dentro, otterrò il movimento logaritmico.
La cosa è stata anche ampiamente usata per gli indici mobili della profondità di campo sugli obiettivi, che varia secondo la radice di due.
Anche nella stessa Rolleiflex abbiamo il sistema degli indici scorrevoli della profondità di campo sulla manopola di messa a fuoco.
Ultima modifica di -Sandro- il 26/05/2022, 21:43, modificato 1 volta in totale.
Re: Tutto sul galvanometro, o quasi.
Già, hai ragione, limpido come l'acqua, gli si dà la curva che si vuole.
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Re: Tutto sul galvanometro, o quasi.
Ciao @sandro grazie per la spiegazione, esaustiva ed efficace.
Tra le altre cose ecco spiegati (anche) i perchè alcuni prodotti costano o costavano molto più di altri.
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Re: Tutto sul galvanometro, o quasi.
Raccontata così anche i galvanometri diventano interessanti
Grazie Sandro
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Re: Tutto sul galvanometro, o quasi.
Molto interessante, grazie Sandro !
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